BOLLE GIOVANNI

BOLLE GIOVANNI (1850 - 1924)

studioso di agricoltura, divulgatore

Immagine del soggetto

Giovanni Bolle in divisa di Hofrat (collezione Giovanni Battista Panzera).

Sloveno di Prosecco, dove nacque il 16 gennaio 1850, di formazione scolastica asburgica (Fachschule an der Technik di Graz dal 1867 al 1870), nel 1871 era già assistente all’imperial regio Istituto bacologico sperimentale di Gorizia che, grazie alla sua attività, conclusasi nel 1912, divenne il glorioso I. R. Istituto chimico-agrario sperimentale di Gorizia. A trent’anni (1880) diventò direttore del medesimo, mantenendo quell’impostazione che fu di tutta la sua vita, cioè di fungere, come egli ebbe a dire, da «catena di unione tra scienza e pratica». Fu in effetti un grande divulgatore a cui si devono centinaia di pubblicazioni di volgarizzazione, ma anche trattati, soprattutto di bachicoltura, ramo in cui eccelleva, che ebbero l’onore di più edizioni e di traduzioni in una dozzina di lingue. Ma fu scienziato egli stesso, con ricerche aventi fini sempre eminentemente pratici e volti a sollevare gli agricoltori dai problemi epocali che li attanagliavano: le malattie del baco da seta e le “pesti”, soprattutto di origine americana, che, nella seconda metà dell’Ottocento, devastavano i vigneti. La viticoltura e l’enologia, così importanti nel Friuli austriaco, furono in effetti l’altro suo grande impegno ed egli seppe cogliere, da quel momento di crisi, il lato che poteva essere positivo, cioè il rinnovamento, con criteri moderni e razionali, dell’intero settore. Egli può essere considerato a pieno titolo, assieme a Gabriele Luigi Pecile e pochi altri, uno dei principali fondatori di quello che oggi chiamiamo, non senza un po’ di orgoglio, il “Vigneto Friuli”. Fu eclettico solo nel senso che ad ogni problema che gli veniva sottoposto egli cercava una soluzione e, con acribia e diligenza e applicazione che oggi possono parere incredibili, la trovava. ... leggi Fu così per gli insetti che rendevano inservibili le divise militari, e fu così per gli insetti che danneggiavano i libri nelle biblioteche. Egli divenne uno dei pochi esperti mondiali della patologia del libro. Fu viaggiatore instancabile, e non solo perché non voleva mancare ai convegni scientifici; su incarico dello Stato visitò l’Oriente per approfondire le problematiche bacologiche e fu negli Stati Uniti per raccogliere quanto di nuovo c’era nella frutticoltura, di cui fu impegnato promotore nel Goriziano, nella viticoltura, nella lotta antiparassitaria. Non perdeva mai di vista l’utilizzatore finale delle sue conoscenze: l’agricoltore, anzi quella maggioranza di piccoli agricoltori che allora vivevano in condizioni disagiate, e che si indovinano sempre presenti nel suo pensiero di scienziato e di tecnico. Sorprendentemente moderno, tanto nelle preoccupazioni ambientali e nell’apprezzamento del paesaggio quanto nella cura e profilassi dei fitopatogeni, grazie alla lotta biologica riuscì a rintuzzare l’invasione di un parassita del gelso. Onde rendere più parlanti i suoi studi si avvalse del disegno e della fotografia; di quest’ultimo mezzo intuì subito le grandi implicazioni scientifiche e divulgative, e ne anticipò le potenzialità per lo sviluppo del turismo. Divenuto italiano dopo il primo conflitto mondiale, si stabilì a Firenze, dove continuò la sua attività di scienziato-ricercatore con obiettivi pratici. Appassionato di arte rimase colpito dal pessimo stato in cui versavano alcuni famosi dipinti, fece indagini e prove, raccogliendo questa esperienza in un grosso manoscritto dove si traduceva nel concreto il motivo ideale che lo aveva mosso, cioè, come ebbe a dire «il nostro sacrosanto dovere di tramandare intatto ai posteri quanto il genio italico seppe creare nel campo dell’arte, per non meritarsi il ben giustificato titolo di barbari». Questo lavoro di B. non trovò udienza presso i “responsabili”, ma i tempi, e i luoghi, erano cambiati. Il più grande scienziato e tecnico-divulgatore in campo agricolo dell’Impero asburgico e, anche, del Friuli, si spense nella città sull’Arno il 2 settembre 1924.

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Bibliografia

Le pubblicazioni di G. Bolle sono numerose, qui si citano solo quelle più significative: Le malattie del baco da seta, Gorizia, Seitz, 1874; Sulla Phylloxera vastatrix, «Bollettino della Società adriatica di scienze», 2 (1876), 264-275; G. BOLLE - G. THÜMEN - F. VON, Contribuzioni allo studio dei funghi del Litorale con speciale riguardo a quelli che vegetano sulle piante utili, ibid., 3 (1877), 425-467; 6 (1880), 122-140; 9 (1885), 64-78; Istruzione per l’allevamento razionale del baco da seta, Gorizia, Paternolli, 1882; I terreni del Goriziano in rapporto alla loro adattabilità per la coltura delle viti americane, «Atti e memorie della I. R. Società agraria di Gorizia», 36 (1896), 403-427; I terreni del Collio in rapporto alla loro adattabilità per la coltura delle viti americane, ibid., 38 (1898), 253-269; I concimi artificiali, ibid., 39 (1899) [1900], 237-274; L’allevamento razionale del baco da seta e la coltura del gelso, Gorizia, Paternolli, 1913.
F. DEL ZAN, Giovanni Bolle, in La terra indagata, a cura di ID., Gorizia, ERSA, 2009, 136-147; ID., Giovanni Bolle. Un grande scienziato al servizio dell’agricoltura goriziana, «Tiere furlane», 2/2 (2010), 83-88.

Un commento

  • Claudia morgan 3 Maggio 2017 Rispondi

    Le informazioni sono per me preziosissime in quanto nominano la sua attivita' di fotografo. di alcune foto si avvalse Giuseppe Caprin per la sua pubblicazione di alpi Giulie. Chiedo se esiste un archivio fotografico dello stesso e dove e' conservato (forse a Firenze?). complimenti.

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