Nacque il 27 ottobre 1774 a Gradisca d’Isonzo da una nobile famiglia, nel cui ambito fu educato fino a sedici anni, quando si trasferì a Vienna per apprendere la lingua tedesca. Da quella città passò a Venezia per un lungo soggiorno di studio, nel corso del quale affiorarono le sue inclinazioni per le scienze naturali, grazie soprattutto alla guida dell’abate Olivi e del marchese Palamède de Suffren, che lo iniziò agli studi botanici. Nel 1797 iniziò le sue esplorazioni naturalistiche, che lo portarono in Carniola, Carinzia, Tirolo e Svizzera, oltre che in Veneto e sulle montagne friulane. Dalle erborizzazioni che eseguiva formò un ricco erbario. Nel 1800, al rientro dalla Svizzera, sposò la contessa Maddalena de Claricini di Cividale dalla quale ebbe sette figli. Pressato da difficoltà economiche derivanti dalla soppressione dei feudi e dalle spese per la numerosa famiglia, d. B. si dedicò ad impegni giudiziari ed amministrativi, occupando prima la carica di segretario nel tribunale civile di Cividale e poi un incarico presso la Camera di commercio di Udine. Negli anni 1802-1804 e 1808 esplorò il monte Krn e i luoghi limitrofi e nel 1810, col Cernazai, studiò la flora del Matajur. Mentre ricopriva l’incarico di professore di botanica ed agraria nel Liceo convitto di Udine, d. ... leggi B. fu incaricato dalla prefettura di Passariano di indagare su alcuni problemi legati all’agricoltura. Di particolare interesse risultò l’analisi sullo stato di degrado dei boschi: «Riandando le cagioni che possono aver gettato i nostri boschi in uno stato così deplorevole, […] [la direzione dei boschi regi era] affidata a soggetti inesperti, [mentre] i comunali andavano ancor più soggetti alla distruzione stante la cattiva organizzazione dei comuni. [E quelli privati venivano] diretti per lo più dalla crassa ignoranza o dalla sordida avidità di guadagno» («Annali dell’agricoltura del Regno d’Italia», VI, 18, 1810). La fama di botanico gli procurò una cattedra di botanica e agraria, che il Regno Lombardo-Veneto stava diffondendo in tutti i licei, nel Collegio-convitto di Urbino. Nello stesso anno dedicò a Giovanni Antonio Scopoli, nella veste di direttore della Pubblica istruzione, il Fasciculus rariorum plantarum forojuliensium (Urbino, 1810), nel quale descriveva piante nuove della regione floristica friulana. Ciò potrebbe aver contribuito al sostegno dello Scopoli, perché fosse affidato a d. B. un sostanzioso finanziamento per la compilazione di una Flora italica: il viceré d’Italia gli assegnò un compenso annuo di 2.500 lire per sei anni; il progetto prevedeva sei anni di ricerche a partire dal 1813, e le spese di stampa sarebbero state a carico del viceré. La caduta di Napoleone, il ritorno di Urbino sotto il governo pontificio, la soppressione del liceo con il passaggio delle scuole ai gesuiti, interruppero sul nascere l’ambizioso programma di sistematica esplorazione floristica. Dopo un breve incarico presso la ricostituita Università di Urbino, d. B., costretto anche da vicende familiari, si trasferì a Milano e nel 1816 accettò la cattedra di botanica e agraria nel Liceo di Verona. Sposò in quel periodo, in seconde nozze, la nobile Luigia de Rossi di Cividale. L’anno successivo tutte le cattedre di botanica e agraria furono soppresse nel Lombardo-Veneto e d. B. accolse di buon grado l’invito del duca di Modena ad occupare la stessa cattedra presso quella Università. Con entusiasmo si dedicò al potenziamento dell’Orto botanico, che venne ampliato ed arricchito di molti esemplari, e si impegnò ad arricchire l’Istituto con preziosi erbari del monte Baldo, del Friuli, dell’Urbinate, dell’Emilia. Gli esemplari essiccati provenivano dalle sue raccolte e da materiali ottenuti dai corrispondenti italiani e stranieri. Nel 1836 l’Orto poteva vantare un elenco di 4030 specie, fra le quali molte orchidee esotiche, felci messicane e palme brasiliane allevate nelle rinnovate serre. Il 25 gennaio 1856 d. B. veniva collocato a riposo per motivi di salute. Morì il 15 aprile 1857. Il botanico godette di notevole stima, anche se la sua bibliografia non è particolarmente ricca. Era considerato dotato di capacità scientifiche ed amministrative, di grande ed eclettica cultura che spaziava dalla mineralogia alla archeologia (è del 1823 Notizie intorno le scavazioni della antica città di Foro-Giulio, comparse sul «Giornale Arcadico»), dalla agronomia alla critica artistica e letteraria. L’erudizione si manifestò soprattutto nella storia della botanica e in particolare nella monografia sulla storia dell’Orto botanico modenese che offrì ai botanici riuniti nel 1842 a Padova in congresso. Dopo il fallimento dell’ambizioso progetto di una Flora italiana sul modello di quella che il Roth aveva pubblicato per la Germania, e per la quale aveva raccolto una notevole mole di informazioni, d. B. fu uno dei più attivi collaboratori della Flora italica di Antonio Bertoloni e della Flora del Parlatore. Fu socio dell’Accademia dei XL, dei Georgofili, della Società linneana di Parigi, di quella mineralogica di Jena e di tante altre istituzioni scientifiche europee. Il de Suffren gli dedicò il genere Brignolia. Del d. B. esiste un Catalogo delle piante che crescono tra il Friuli e il M. Maggiore d’Istria, manoscritto nella sezione botanica del Naturhistorischesmuseum di Vienna.
ChiudiBibliografia
E. CELI, Necrologio, «Messaggero di Modena», 1° maggio 1857; TELLINI, Giulio Andrea Pirona, 77-79; G. B. DE TONI, Il R. Orto botanico di Modena dal 1772 al 1906, «Malpighia», 20 (1906), 272-283; A. BEGUINOT, Tre lettere inedite di F. Parlatore a G. de’ Brignoli, «Archivio botanico», 4 (1928), 72-77; V. GIACOMINI, Brignoli di Brunnhoff, Giovanni de, in DBI, 14 (1972), 301-303.
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