Non si hanno molte notizie sulla famiglia Manenti, se non che era originaria di Pordenone. Nella seconda metà del Seicento un Giuseppe, orefice, fu incaricato del restauro di alcuni reliquiari della chiesa di S. Marco. F. nacque nel 1722 e fu indirizzato dalla famiglia verso la carriera ecclesiastica. Compiuti studi di retorica e consacrato sacerdote, il M. ottenne ben presto un beneficio in questa città. Nel settembre del 1753 fu invitato dai frati Conventuali di Pordenone a leggere un panegirico per la beatificazione di Giuseppe da Copertino. È questa la prima testimonianza documentaria della sua attività poetica. Subito egli dimostrò di essere apprezzato non solo come autore, ma anche nella lettura pubblica delle proprie opere. E la nobiltà pordenonese sempre più frequentemente fece ricorso a lui e alla sua arte in occasione di nozze, ricorrenze e cerimonie religiose. Gli unici due sonetti sopravvissuti sono stati scritti, infatti, in occasione della vestizione di Giacoma Galvani, divenuta monaca di S. Agostino. Nel 1754 il M. fu chiamato a sostituire ad interim don Gaspare Sarmede come insegnante di “grammatica superiore” nella scuola pubblica di Pordenone, istituzione nata per volontà del consiglio della comunità nel 1745 al fine di avere in città «un pubblico seminario per l’educazione della gioventù». Inizialmente l’offerta formativa prevedeva la presenza di quattro insegnanti (prima scuola, grammatica inferiore, grammatica superiore, retorica) e aveva l’ambizione di coinvolgere un alto numero di studenti, sull’esempio dell’esperienza sanvitese di Anton Lazzaro Moro. Quando il M. fu chiamato a sostituire il Sarmede, la scuola viveva un periodo di crisi a causa dell’instabilità del corpo insegnante. Nel 1755 il consiglio di Pordenone fu, quindi, costretto ad apportare modifiche nell’organizzazione della scuola: al M. furono affidate la direzione e la cattedra di retorica. ... leggi Il 21 giugno del 1761 lesse in S. Marco un panegirico sulla figura di san Luigi Gonzaga. Nel maggio dell’anno successivo era presente tra gli esponenti del clero pordenonese che accoglievano il vescovo Alvise Maria Gabrieli (1761-79) in visita pastorale. Il 9 maggio tenne in S. Marco un’orazione in latino in onore del presule, al quale donò in seguito la stampa. Il 16 giugno don F. M. figurava tra i fondatori dell’Accademia degli Infiammati e partecipava alla stesura del suo statuto. La nuova istituzione culturale aveva sede presso il palazzo del nobile Ottaviano di Montereale-Mantica; primo presidente fu nominato il conte Ottaviano di Sbroiavacca, mentre il M. e Ernesto Mottense vennero eletti consiglieri. Nella prima Accademia, che si tenne nel successivo mese di agosto, dieci membri, tra i quali don F., presentarono loro componimenti in lode delle donne. Nell’agosto del 1769 il M. fu incaricato dai cappuccini di Pordenone di recitare un panegirico in occasione della canonizzazione di Serafino da Ascoli e Bernardo da Corleone. Nel frattempo le condizioni della scuola pubblica non andavano migliorando. Nel 1786 il consiglio della comunità di Pordenone approvò i nuovi capitoli del seminario, che prevedevano la presenza di due soli insegnanti: il M., confermato anche come rettore, e don Francesco Grossi. Quest’ultimo però lasciò l’incarico nel 1788: il M. quindi si fece carico da solo della gestione della scuola quanto meno fino alla fine del 1793. Morì due anni più tardi, nel 1795.
ChiudiBibliografia
A. BENEDETTI, Storia di Pordenone, a cura di D. ANTONINI, Pordenone, Edizioni de “Il Noncello”, 1964, 292, 296, 301; G.B. POMO, Commentari urbani, a cura di P. GOI, Pordenone, GEAP, 1990, n. 317, 440, 454, 461, 485, 490, 643; F. METZ, La scuola, Ibid., 459-464; ID., L’istruzione e la cultura in Pordenone, una città, a cura di P. GOI, Pordenone, Savioprint, 1991, 143-177: 158-159, 164; I documenti, in San Marco di Pordenone, II, a cura di P. GOI, Pordenone, GEAP, 1993, 905-965: 915, 927-929.
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