PERUSINI GAETANO

PERUSINI GAETANO (1879 - 1915)

neurologo, anatomopatologo, docente

Immagine del soggetto

Il neurologo Gaetano Perusini.

Nacque a Udine, nel palazzo Perusini, in via Aquileia 1, il 24 febbraio 1879, da Andrea e Paolina Cumano, in un’antica famiglia, nota fin dal secolo XV. Il padre Andrea (1828-1886), medico, partecipò attivamente alle guerre di indipendenza e in quella del 1866 si offrì per organizzare a Udine ospedali per i feriti. P. restò orfano del padre quando aveva sette anni. Frequentò il reale Liceo Iacopo Stellini di Udine, si diplomò nel 1895 e nell’ottobre presentò domanda d’iscrizione a Pisa al primo anno di medicina insieme con il fratello Giacomo che, nella stessa data, si iscrisse alla Facoltà di agraria. I suoi studi proseguirono con regolarità se nell’ottobre del 1899 fece domanda d’iscrizione al quinto anno e contemporaneamente chiese trasferimento all’Università di Roma adducendo motivi familiari. Già nel novembre di quell’anno iniziò a frequentare a Roma la clinica psichiatrica di via dei Penitenzieri, il manicomio della Lungara ed il laboratorio del professore Giovanni Mingazzini. Conobbe e fece amicizia con Ugo Cerletti, neuropsichiatra ed ideatore dell’elettroshock; da lui e dalla cognata Giuseppina Antonini Perusini provengono le uniche fonti biografiche scritte, insieme a quelle riportate dai necrologi, in quanto l’archivio di famiglia è andato disperso. Già durante gli studi universitari P. si pose il problema dei rapporti tra psiche e cervello, affrontato con lunghe letture, meditazioni e discussioni sulle dottrine deterministiche e sulle questioni del libero arbitrio, soffermandosi sul problema della delinquenza. Questi suoi orientamenti si concretizzarono nell’assidua frequenza della clinica penitenziaria e del manicomio della Lungara, dove, con la guida di Augusto Giannelli, preparò la tesi di laurea su un argomento di antropologia criminale. ... leggi Fu il pensiero del Lombroso ad attrarlo alla ricerca delle correlazioni possibili tra le anomalie psichiche e quelle fisiche: ne risultò un lavoro, L’apparecchio passivo di masticazione nei delinquenti, nel quale già manifestò il suo spirito critico, analitico, preoccupato delle definizioni chiare e delle distinzioni precise. Si laureò a soli ventidue anni, il 18 luglio 1901. L’antropologia criminale fu l’argomento delle sue prime pubblicazioni. Oltre alla tesi, edita nel 1902, tenendo come ispiratore il concetto di «malformazione patologica», egli studiò La polimastia, Il significato dei diastemi dentari, I vortici dei capelli, Il piede piatto e i disturbi conseguenti, tutti contributi pubblicati nel 1903. Nel laboratorio del prof. Mingazzini, annesso alla clinica psichiatrica, frequentato all’epoca da un altro neurologo friulano, Giuseppe Calligaris, P. apprese l’approccio clinico al malato neuropsichiatrico. In questo periodo, dal 1902 al 1905, oltre ai lavori di antropologia criminale – disciplina che presto lasciò, consapevole che essa non riusciva a dare risposta al suo problema –, scrisse alcuni lavori clinici sullo studio del riflesso cremasterico, sulle localizzazioni motorie spinali, sulla sindrome miotonica, su un particolare caso di paralisi progressiva infanto-giovanile. In questi anni P. iniziò le ricerche sul cretinismo endemico in collaborazione con Cerletti, col quale percorse, per alcune estati, alcune valli delle Alpi, specie la Valtellina. Fu questo un argomento che interessò a lungo P., anche per il risvolto sociale che esso comportava: ne sono testimonianza le pubblicazioni scritte con Cerletti, che vanno dal 1904 al 1909, le ultime delle quali pubblicate tardivamente per mancanza di sovvenzioni, come gli autori stessi dichiararono in prefazione. Per apprendere i fondamenti dell’anatomia patologica generale, P. decise di frequentare il modernissimo istituto di H. Schmaus, famoso anatomopatologo di Monaco di Baviera. Per approfondire poi l’anatomia patologica del sistema nervoso si recò a Zurigo nel laboratorio di K. von Monakow, dove lavorò per sei mesi e dove conobbe gli psichiatri E. Bleuler ed il giovane C.G. Jung. In concitate discussioni si confrontarono e si scontrarono due scuole di pensiero: quella organicistica, cui aderiva P., e quella psichiatrica. Ritornò a Monaco nel 1906, attratto dalla notorietà, dalla modernità e dai mezzi di cui disponeva la nuova clinica psichiatrica diretta da E. Kraepelin. Alla fine dello stesso anno, A. Alzheimer, che dirigeva il laboratorio di neuropatologia, dopo una sua personale comunicazione sull’argomento tenuta a Tubinga il 3 novembre, affidò al giovane P. lo studio di «una caratteristica malattia della corteccia cerebrale». Nel dicembre 1908 P. terminò il suo importante lavoro, in lingua tedesca, che avrebbe costituito la base della descrizione della demenza precoce: Über klinisch und histologisch eigenartige psychische Erkrankung des späteren Lebenshalters [Sugli aspetti clinici ed istologici di una particolare malattia psichica dell’età avanzata], pubblicato nel 1909. Si tratta di un saggio di cinquantaquattro pagine e sette tavole che riproducono le lesioni cellulari viste al microscopio e illustrate con abile mano da artista. In esso P. descrisse la malattia di quattro casi esaminati in maniera minuziosa, scientifica, con l’aggiunta di osservazioni sulla origine delle placche senili e delle degenerazioni neurofibrillari: un lavoro completo, moderno, molto approfondito, ancora interessante. Altri due sono i lavori di P. che contribuirono in maniera determinante alla definizione ed alla conoscenza della demenza: L’anatomia patologica in psichiatria, suoi fini, suoi mezzi, del 1909, e Sul valore nosografico di alcuni reperti istopatologici caratteristici per la senilità, in due parti, del 1911. Il primo dei due nacque dal dibattito fra le due scuole che all’epoca dividevano lo studio del sistema nervoso: quella organicistica e quella psicologica, con la nascente psicanalisi. P. rifiutò visioni unilaterali e sostenne il principio che l’approccio clinico doveva comprendere l’esame psicologico e doveva integrarsi con l’anatomia patologica. Una parte delle manifestazioni che la psichiatria studia si situa al di fuori del campo di indagine del naturalista e non si può, «seguendo il vecchio concetto materialista affermare che il cervello produce pensieri come il fegato produce la bile». La conclusione a cui arrivò P. alla fine di questo suo importante lavoro è che «mentre in tutto il resto della medicina lo studioso deve proporsi di stabilire il nesso causale che riunisce i fenomeni morbosi ai reperti anatomopatologici, nel campo psichiatrico noi dobbiamo rappresentarci il nesso che collega le alterazioni organiche (e specialmente cerebrali) e le manifestazioni psichiche abnormi secondo la formula di Fechner, cioè come l’espressione di un ‘parallelismo psicofisico’, il quale ammette una duplice, inevitabile ed indipendente serie di eventi fisici e di eventi mentali» (G. Fechner, Elemente der Psychophysik, Leipzig, 1860). Nel lavoro del 1911, in due parti, la cui lettura è ancora oggi affascinante, P. tracciò la storia dei reperti neuropatologici della demenza dovuti ai progressi della istologia del secolo XIX, in particolare grazie alla diffusione del miscroscopio ottico; prosegue descrivendo le proprie personali osservazioni sulle placche senili e le alterazioni neurofibrillari, e affronta l’esame delle alterazioni delle neurofibrille descritte dall’Alzheimer nel 1906. Nel 1910 P. ottenne la libera docenza in clinica delle malattie nervose e mentali. Nel 1911 rientrò dalla Germania, si stabilì a Roma ed entrò nella équipe del prof. A. Tamburini. Ritrovò gli amici Cerletti e Bonfiglio, coi quali componeva il cosiddetto “gruppo di Monaco”, portò avanti le ricerche sulle alterazioni del cervello senile e quelle sulle diverse aree strutturali e sull’architettura normale della sostanza bianca del midollo spinale. Si recò nuovamente in Germania, a Greifswald, per studiare alcuni casi di encefalite di Wernicke. Malgrado tutta questa attività scientifica, non riuscì ad ottenere un posto di ruolo a Roma, come anatomopatologo nell’ospedale psichiatrico. Si offrì la possibilità di entrare all’ospedale psichiatrico di Mombello, presso Milano, ma P. riuscì a vincere solo il concorso per un posto di assistente e prese servizio il primo maggio 1913. Allo scoppio della prima guerra mondiale si arruolò volontario in incognito. Col grado di sergente di sanità fu destinato a un ospedale da campo, del tutto casualmente, a San Floriano del Collio vicino a Cormons dove, nella villa Cumano-Perusini, abitava la famiglia del fratello Costantino, che era all’oscuro della destinazione. P. riuscì ad essere di grande aiuto per l’esercito italiano grazie alla conoscenza che aveva dei luoghi. Solo qualche settimana dopo, i superiori vennero a sapere della laurea e della libera docenza: venne allora nominato capitano e direttore dell’ospedale da campo. Il 24 novembre, nei pressi dell’ospedale, mentre in prima linea soccorreva i feriti, venne colpito da una granata; una scheggia gli penetrò in una spalla e, attraversato il polmone, raggiunse l’intestino; un’altra lo ferì ad una gamba. Fu trasportato nell’ospedale della Croce Rossa allestito a Cormons in una fattoria di proprietà della sua famiglia. Vi morì l’8 dicembre 1915. Fu insignito di medaglia d’argento al valor militare.

Chiudi

Bibliografia

G. ANTONINI PERUSINI, Un secolo nella memoria, Udine, L’Asterisco, s.d. [1969]; B. LUCCI, Gaetano Perusini ed il suo contributo alla definizione della demenza di Alzheimer, Udine, Accademia di scienze, lettere e arti, 1998, 5-9 (Quaderni dell’Accademia, 6); ID., Memoria e oblio. Gaetano Perusini neurologo europeo, Padova-Trieste, Simone Volpato Studio Bibliografico, 2010 (con ampia bibliografia).

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *