REGIMPOTO

REGIMPOTO

vescovo di Concordia

R. fu vescovo di Concordia sul finire dell’XI e nei primi anni del XII secolo. Il suo nome, che etimologicamente si richiama a voci gotiche e sassoni, potrebbe essere un indizio della sua origine. È attestato sulla cattedra nel 1089, mentre nel 1106 risulta gia ricordato il suo successore Rivino. Durante il suo episcopato, che si svolge dunque entro questi anni, viene anche citato tra i testimoni della donazione della chiesa di S. Giovanni al Timavo, fatta dal patriarca di Aquileia Ulrico di Eppenstein (1086-1121) all’abbazia di S. Martino della Beligna. La sua sottoscrizione in questo atto «Ego Rempot Concordiensis episcopus subscripsi» viene immediatamente dopo quella del patriarca, segno di un rapporto che si andava facendo sempre più stretto, come confermeranno i successivi sviluppi, fra i presuli concordiesi ed il principe ecclesiastico del Friuli. La memoria di R. è tramandata soprattutto dall’epitaffio funebre, che si vuole composto dallo stesso vescovo per il suo sepolcro. Il testo recita: «R. presule di nome e non per merito, qui sotto diventa terra e polvere: con la polvere è stato fatto l’uomo. Guardando questo tumulo, implorando compassione, alza gli occhi al cielo ed al Signore del cielo di’ che abbia misericordia di lui. Di’: chi potrà salvarsi se non colui che tu pietosamente perdoni? Salva questa tua creatura, senza computarne i meriti. Morì otto giorni dalle Idi di novembre. Sperando in Colui che salva quanti in lui confidano. Perché abbia la pace invoca Giovanni Battista». L’epigrafe funeraria della tomba del vescovo fu originariamente collocata nell’atrio del battistero romanico di S. Giovanni, posto nei pressi della cattedrale di Santo Stefano ed eretto prima della sua morte presumibilmente dallo stesso R. Con la costruzione di questo edificio giunse probabilmente a conclusione il lungo percorso di rinnovamento architettonico del complesso episcopale che si è compiuto durante l’XI secolo. ... leggi Il battistero romanico di Concordia rappresenta dunque la principale testimonianza dell’opera di R. oltre che costituire l’ultima dimora delle sue spoglie mortali. Il monumento, nel collegarsi all’ancestrale tradizione architettonica degli edifici triconchi concordiesi, appare risentire di influssi consoni alla cultura costruttiva bizantina, con riflessi che riconducono anche all’architettura nordeuropea, come sottolineato nelle relazione con la cappella di Ognissanti di Ratisbona. Risulta dunque un opera di alto livello che ben si inserisce nel panorama architettonico del periodo di R. L’eleganza delle sue forme, che scaturisce dall’equilibrata composizione dei volumi e dalla leggerezza nella movimentazione delle superfici, interne ed esterne, appaiono il degno risultato di una committenza di un certo prestigio come era quella legata all’ambito vescovile. Un riscontro si ha anche per la pregevole qualità degli affreschi che ne ornano l’interno, per i quali si è soliti proporre un riferimento con la tradizione bizantina mediata dall’ambito veneziano e dall’influenza della scuola salisburghese, senza trascurare alcuni accenni che riconducono invece a testimonianze pittoriche auliche di età romanica presenti in area laziale e legate a maestranze orientali connesse con una committenza papale. L’indubbio valore delle testimonianze architettoniche e pittoriche legate all’opera di R., così come l’ampia sfera di intrecci culturali che sta alla base della loro realizzazione che ne fanno un momento di sintesi tra un’antica tradizione e le esperienza bizantine e nord europee, è un utile argomento per comprendere la figura del vescovo che, potremmo dire, è stato quantomeno il promotore di tali capolavori se non anche l’ispiratore. Scaturisce dunque il profilo di un personaggio culturalmente di alto livello, in grado di far inserire con le sue scelte il nucleo cultuale concordiese nel più prolifico percorso di evoluzione dell’arte e dell’architettura romanica. Il quadro consente di proporre anche per il centro episcopale di Concordia, legato ad un insediamento che sicuramente non raggiunge i connotati di una città dell’epoca, l’immagine di un luogo sicuramente non irrilevante nel panorama dell’età romanica, con rapporti che spingono a sottolineare contatti non solo con l’Europa continentale, ma anche con Roma e con l’Oriente.

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Bibliografia

DEGANI, La diocesi di Concordia; P.L. ZOVATTO, Il battistero romanico, in La Chiesa concordiese, 389-1989, I, Concordia e la sua cattedrale, Fiume Veneto (Pn), Grafiche editoriali artistiche pordenonesi, 1989, 245-254; A. DRIGO - S. TAVANO, La Chiesa concordiese 389-1989, III, Il battistero di Concordia, Fiume Veneto (Pn), Grafiche editoriali artistiche pordenonesi, 1992; G. DELFINI FILIPPI, Il battistero di Concordia Sagittaria. L’architettura e la decorazione pittorica, in Concordia. Tremila anni di storia, a cura di P. CROCE DA VILLA - E. DI FILIPPO BALESTRAZZI, Rubano (Pd), Esedra editrice, 2001, 315-323; A. SCOTTÀ, La diocesi di Concordia nei primi secoli del secondo millennio, in Storia religiosa del Veneto, 10, Diocesi di Concordia 388-1974, a cura di ID., Noventa padovana, Euganea Editoriale Comunicazioni, 2004, 159-173.

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