SPILIMBERGO LINO ENEA

SPILIMBERGO LINO ENEA (1886 - 1960)

pittore

Immagine del soggetto

'Retrato', olio su tavola di Lino Enea Spilimbergo, 1931 (Còrdoba, Argentina, Museo Caraffa).

Nacque a Buenos Aires, in Argentina, nel 1886 da padre friulano, di origine spilimberghese, e madre piemontese. La sua formazione avvenne alla Escuela Nocturna de Dibujo per operai e quindi, dal 1915, nella Academia Nacional de Bellas Artes, dove fu compagno di corso di alcuni allievi destinati pure ad avere grande importanza in Argentina. La sua vocazione artistica si rivelò presto e trattò temi diversi: dal paesaggio alla figura, alla natura morta, al costume, con cui esordì, viaggiando per la parte settentrionale del Paese. La buona padronanza tecnica acquisita tanto nella pittura quanto nell’incisione, assieme a letture e riflessioni sulla forma e sulla chiarezza della composizione, fu parte di quel bagaglio giovanile con cui mosse per il viaggio europeo, intrapreso sul finire del 1925 e durato fino al 1928. In particolare, ebbe grande rilevanza il percorso italiano, giocato in parte sulla visitazione dei luoghi d’origine della sua famiglia, ma soprattutto sui luoghi della produzione artistica italiana di maggiore importanza tra Tre e Quattrocento, con una speciale attenzione ai grandi cicli di affreschi, ma anche al valore plastico delle opere più antiche: da nord a sud, da Padova a Firenze, da Arezzo e Siena a Roma, ai siti archeologici del Sud, ai musei di ogni centro di qualche rilevanza. Le meditazioni formali che conduceva sulle opere d’arte in generale, ma che approfondì particolarmente quando si trattava di Giotto, Piero della Francesca, Michelangelo, peraltro si accompagnavano con la tendenza in atto nella cultura artistica contemporanea italiana, che si riconosceva in “Valori plastici”, nella pittura metafisica e quindi nel “Novecento”. Durante il percorso italiano, tra la fine del 1925 e buona parte del 1926, produsse una serie di bozzetti, studi compositivi, tempere; in particolare, è il paesaggio italiano dei luoghi materni a costituire motivo e pretesto di indagine, sulla scorta dell’impronta cézanniana. ... leggi Quando poi si recò a Parigi, dove, come tanti suoi colleghi latinoamericani, fu a lezione nella bottega del pittore cubista André Lhote, ebbe modo di approfondire sia il retaggio cézanniano che l’apporto del cubismo al fare arte. Anche i musei parigini furono oggetto della sua attenzione. La grande capacità di sintesi formale, che si accompagna all’esecuzione delle sue pitture di paesaggio, non è scevra tuttavia di tratti espressionistici, conferiti dalle alterazioni prospettiche. Sembra quasi che la Neue Sachlichkheit (“Nuova oggettività”) tedesca e il realismo magico, che caratterizzarono un periodo dell’arte europea, con larghi influssi anche su quella latinoamericana, siano avvertiti come congeniali alla sua opera. Iniziò in questo periodo alcuni quadri realizzati dopo il ritorno, quali San Sebastiano Curone (1928), Paisaje de San Juan (1929), o ancora Calle de San Juan, dello stesso anno. Si avverte già quella sintetica monumentalità, quell’induzione ad un accostamento pensoso, favorito da un pensoso riflettere dell’artista sulla realtà, che presto si sarebbe ritrovato tanto nelle suggestive terrazze (Figuras en la terraza, 1930; Terracita, 1932, per esempio), che rievocano la Allegoria sacra di Giovanni Bellini, quanto in certe splendide nature morte, degli stessi anni, e in una tempera, El Vesubio (non datata), che ricordano senza dubbio de Chirico e Carrà, ma se ne discostano anche per un più deciso stato emotivo. Parallelamente, l’artista iniziava una serie di ritratti di donna (le numerose Figuras dipinte tra 1931 e 1937) di speciale forza comunicativa e di grande introspezione psicologica, giocati tra volumetria monumentale e drammaticità che va oltre la tensione metafisica tradizionale. Ma, in generale, fu aperto a molte istanze del suo tempo. Quando Siqueiros viaggiò a Buenos Aires, nel 1933, S. fu tra gli artisti che parteciparono, sotto la guida dell’artista messicano, all’Ejercicio plástico, una pittura sperimentale in uno spazio privato che costituì il primo esempio moderno di murale nell’America del Sud. Successivamente sarebbe ritornato a questo genere pittorico, eseguendo nel 1946, nell’interno della cupola divisa in settori della Galería Pacífico, a Buenos Aires, un altro murale, El dominio de las fuerzas naturales, a fianco di altri artisti (Berni, Castagnino, Colmeiro, Urruchúa). Nel campo dell’incisione, tra 1935 e 1936, eseguì una serie di monocopie con il titolo di Breve historia de la vida de Emma, che accompagnano la storia triste di una prostituta, Emma. Effettuò dunque una prima incursione nell’ambito dei temi sociali, anticipando quelle pittoriche di Antonio Berni e quelle grafiche di Carlos Alonso. Al primo ciclo di paesaggi, realizzati a ridosso del suo ritorno dall’Europa, ne seguirono altri negli anni Quaranta, di speciale interesse. Il ritorno al paesaggio pare legato al suo stabilirsi ad Unquillo, nella Sierra cordobese. Qui scelse motivi attraenti ed accattivanti dei dintorni, che tradusse in tele dal lirismo accentuato; ne escono opere quali Paisaje de Chilecito (1941) e Paisaje de Unquillo (non datato). I solidi volumi plastici dei lavori precedenti cedono in questi a favore di un’espressività lirica ed emotiva che, pur nella maggiore armonia, non nasconde la desolazione del paesaggio del Nordovest argentino o quella della montagna di Córdoba. Permane il senso della solitudine. Ebbe un’intensa attività anche come docente. Creò una cattedra di pittura nell’Instituto Argentino de Artes Gráficas, che ricoprì dal 1934 al 1939. Nel 1935 iniziò l’insegnamento come professore anche presso l’Academia Nacional de Bellas Artes; tra il 1948 e il 1952 organizzò e diresse l’Instituto Superior della Universidad Nacional di Tucumán. L’influenza di S. si ritrova in ogni caso visibile tanto nell’opera di Antonio Berni quanto in quella di Carlos Alonso. S. godette in vita di un consenso notevole. Ebbe la sua prima esposizione personale a San Juan, nel 1921, e già nel 1922 ricevette nel Salón Nacional, in Buenos Aires, il premio per l’incisione e, negli anni successivi, gran parte dei premi municipali, provinciali e nazionali. Tra questi, va annoverato almeno il Gran premio nacional del 1937, conferitogli nella capitale, mentre a Parigi, all’Esposizione internazionale, fu insignito del Gran premio di pittura e della medaglia d’oro per l’incisione. Nel 1956 diventò membro dell’Academia Nacional de Bellas Artes e nel 1960, dopo un viaggio a Roma che sembrò quasi riannodare i lacci della sua formazione, si ritirò a vivere a Unquillo, provincia di Córdoba, avendo rinunciato ai suoi incarichi di docenza in polemica con il governo peronista. Qui morì nel 1960.

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Bibliografia

C. CÓRDOVA ITURBURU, La pintura argentina del siglo Veinte, Buenos Aires, Editorial Atlántida, 1958, 76-77; A. PREBISH, Spilimbergo, Buenos Aires, Academia Nacional de Bellas Artes, 1967; J. LÓPEZ ANAYA, Historia del arte argentino, Buenos Aires, Emecé Editores, 1997, 148-150; N. PERAZZO, La pintura en la Argentina (1915-1945), in Historia General del Arte en la Argentina, VIII, Buenos Aires, Academia Nacional de Bellas Artes, 1999, 382-456: 415-416; D. B. WECHSLER, Pettoruti, Spilimbergo, Berni: Italia en el inicático viaje a Europa, in Italia en el horizonte de las artes plásticas. Argentina, siglos XIX y XX, a cura di EAD., Buenos Aires, Asociación Dante Alighieri/Instituto Italiano de Cultura, 2000, 142-189; EAD., Da una estetica del silenzio a una silenziosa declamazione. Incontri e appropriazioni di una tradizione nelle metropoli del Río de la Plata, in Novecento sudamericano. Relazioni artistiche tra Italia e Argentina, Brasile, Uruguay. Catalogo dell’esposizione, Milano, Skira, 2003, 27-36.

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