MOCENIGO ALVISE (1760-1815)

MOCENIGO ALVISE (1760-1815)

possidente, pubblico amministratore

Immagine del soggetto

Stemma lapideo dei Mocenigo (Alvisopoli, chiesa di S. Luigi Gonzaga, facciata).

«Questo nome d’Alvisopoli … procurò al mio animo qualche compiacenza, ostinandomi poi vi è più nella impresa superiore alle forze d’un privato, m’accecò (devo confessarlo) nell’impossibilità di riuscirvi … dopo avermi costato una grande moneta», così A. ricordava, in una corrispondenza epistolare, l’impresa che lo avrebbe indissolubilmente legato alla toponomastica (e alla memoria) veneto-friulana. Nato a Venezia il 10 aprile 1760 da Alvise Sebastiano (ramo detto ‘S. Samuele’ di una delle più prestigiose famiglie ascritte al patriziato cittadino) e Chiara Zen (figlia di Alessandro, ambasciatore e Procuratore di San Marco), venne presto spedito a Roma per farsi un’istruzione dai Somaschi al collegio Clementino (istituto che annoverava, fra i propri convittori, rampolli delle famiglie nobili di tutta la penisola, compreso un omonimo Alvise Mocenigo, ma del ramo ‘S. Stae’, arcivescovo di Candia nel 1633). Forse l’allontanamento servì anche a non coinvolgerlo negli scandali che in quegli anni stavano infangando il nome del padre (pare che sulle natiche di uno dei giganti del Sansovino in Palazzo Ducale fosse stato appeso un cartello recante la scritta: “Casa da affittare, le chiavi si trovano presso S.E. Sebastiano Mocenigo”). Da Roma, insofferente dell’angusta vita collegiale, A. chiedeva a casa continuamente libri e permessi di viaggio. Tornato a Venezia nel 1779, dopo un matrimonio combinato (e presto fallito) con Pisana, prima cugina del padre, e un periodo di erranza in Europa, ritrovò una stabilità esistenziale intraprendendo una felice carriera politica (savio agli Ordini, poi alle Acque, poi di Terraferma), supportato anche dall’unione (1787), questa volta duratura, con Lucia Memmo (1770-1854), affascinante figlia del diplomatico e letterato Andrea, celebrata da Chateaubriand e Lord Byron. ... leggi Nel ferale 1797 era luogotenente (eletto il 20 novembre 1796, entrò in carica il 24 febbraio dell’anno successivo) a Udine, «niente premuroso per il bene del paese» secondo l’ingeneroso giudizio di C. Caimo. Il giorno successivo alla dichiarazione di guerra alla Repubblica da parte di Napoleone abbandonò la città, risultando infruttuosa la sua attività di mediatore, contestuale alla nomina di «deputato al Bonaparte», volta a persuadere il generale in capo a non aggredire lo stato veneto. Cooptato, quasi a forza, nella Municipalità provvisoria (si confidava nelle sue entrature coi francesi), dopo Campoformido A. decise di ritirarsi nei possedimenti vicino a Portogruaro (“Mulinat”), che la famiglia possedeva da metà Seicento, dando vita al progetto di una città ‘ideale’: Alvisopoli. Ispirato a una simile iniziativa (Ferdinandopoli) basata sulle idee illuministe di Filangieri (autore presente nella biblioteca di A.), questa sorta di falansterio prevedeva unità abitative, opifici e edifici di pubblica utilità, tra cui la tipografia omonima, affidata per i primi anni alla direzione di N. Bettoni (avido di letture, A. sarà ascritto a varie accademie, cofondando inoltre, nel 1812, l’Ateneo veneto di scienze, lettere e arti). Durante il primo dominio austriaco, i buoni rapporti con la corte derivavano soprattutto dall’abilità della moglie Lucia, che si guadagnò il titolo di dama della Croce stellata (1805) e la gestione, previo acquisto (1802), di un latifondo a sud-est di Vienna (Margarethen am Moos) da cui conseguirono indigenato e titolo di magnate d’Ungheria. Tornati i francesi sul suolo veneto, A. – con rinnovato slancio filobonapartista – ottenne dapprima una prefettura nel dipartimento di Novara (1806-1809) e quindi la nomina a conte dell’Impero e senatore del Regno. Colpito da un improvviso male nell’agosto 1815, A. morì pochi mesi dopo, il 24 dicembre, a Venezia e venne sepolto nell’amata Alvisopoli. Il figlio Alvise Francesco (1799-1884), succedendo all’amministrazione delle tenute di famiglia, è ricordato anche per aver promosso, assieme a G. Freschi, la fondazione dell’Associazione agraria friulana, presiedendone la prima adunanza (23 novembre 1846).

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Bibliografia

In aggiunta all’estesa bibliografia riportata dal DBI [M. GOTTARDI, Mocenigo, Alvise, in DBI, 75 (2011), 123-128], segnaliamo solo: P. STELLA, Alvisopoli, tesi di laurea, Università degli studi di Urbino, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 1977-1978; L. BELLICINI, La costruzione della campagna: ideologia agraria e aziende modello nel Veneto, 1790-1922, Venezia, Marsilio, 1983, passim; P. GASPARI, Terra patrizia. Aristocrazie terriere e società rurale in Veneto e Friuli: patrizi veneziani, nobili e borghesi nella formazione dell'etica civile delle élites terriere, 1797-1920, Udine, Istituto editoriale veneto friulano, 1993, 100-106 e passim; Al servizio dell'amatissima patria: le Memorie di Lodovico Manin e la gestione del potere nel Settecento veneziano, a cura di D. RAINES, Venezia, Marsilio, 1997, passim; Mille protagonisti, 298-299; Le pubblicazioni della tipografia di Alvisopoli 1810-1813, Fossalta di Portogruaro, Comune, 2010; S. DE PIZZOL, Alvise Francesco Mocenigo. La vita e la figura di un nobile veneziano nella restaurazione (1799-1849), tesi di laurea, Venezia, Università Ca’ Foscari, Facoltà di lettere e filosofia, a.a. 2011-2012.

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