ASTEMIO GIOVANNI PIETRO

ASTEMIO GIOVANNI PIETRO (1505 - 1567)

rettore di scuola, poeta

Nacque nel 1505 a San Daniele, figlio di Simone Clara e Maria Fannia, e sono del tutto oscure la sua infanzia e la sua giovinezza. Nel 1531 divenne maestro pubblico a San Daniele e mantenne questa carica per oltre trent’anni, riscuotendo un certo successo per il suo talento didattico e dimostrandosi un sollecito curatore della sede scolastica. Tra gli altri insegnanti della scuola di San Daniele fu la personalità più eminente, sia per l’eccellente padronanza del latino, sia per i suoi carmina. Furono probabilmente questi gli elementi alla base del carisma che esercitò su un piccolo gruppo di poeti composto da Francesco Pittiani, condiscepolo dell’A. di circa quindici anni più vecchio, e dai più giovani Giorgio Cichino e Leonardo Coricio Carga. Il piccolo cenacolo di San Daniele non introdusse innovazioni di carattere tematico o stilistico e cantò l’ambiente agreste, l’amistà conviviale, l’amicizia virile e l’amore per le donne, con toni e moduli espressivi derivati da poeti latini delle età aurea e argentea. Anche l’A. ricoprì con una patina mitologica il paesaggio dei colli e l’amore per le donne, dissimulate sotto i nomi di Teia, Galatea, Lygdama, Perilla; le composizioni variano nel tono che ora è sensuale ora è sommesso, con echi che rimandano a Orazio e a Catullo. A tratti pare che l’influenza dei modelli predomini sull’ispirazione mentre, in altri casi, l’A. manifesta una maggiore autonomia espressiva, rivelando sentimenti e fatti che consentono la ricostruzione della sua personalità e di una parte della sua biografia. ... leggi A questo proposito riveste un particolare significato l’epistola in esametri inviata a Cristoforo Frangipane dove l’A. ricorda la propria giovane moglie Benedetta, figlia del giureconsulto e umanista udinese Antonio Belloni, morta di parto nel 1544. A pochi anni dalla scomparsa della donna, che gli aveva dato una figlia e due figli maschi, l’A. pare rivolgere l’interesse interamente verso se stesso, lamentando le sue difficoltà di uomo non più giovane, privo di una compagna e con tre figli da allevare. Ne esce l’immagine di un individuo fondamentalmente egoista, come confermerebbe un’epistola latina del suocero che piange la morte e la sventurata vita della figlia trascorsa accanto al «carnefice» e al «più spregevole di tutti i bipedi». Voci malevole sull’A. circolavano anche a San Daniele e Leonardo Coricio Carga cercò di consolarlo con i propri versi. Intorno ai sessant’anni la sua salute iniziò a declinare perché il 21 giugno 1566 – secondo altre fonti il 19 agosto – la comunità deliberò di assumere un nuovo maestro, che venne trovato in Valconio Valconi, entrato in servizio il 15 ottobre successivo. Qualche mese dopo, tra l’aprile e il maggio 1567, l’A. morì. Di lui rimangono centotre carmina, conservati in diversi manoscritti a San Daniele, nella biblioteca privata de’ Concina e nella Biblioteca Guarneriana, a Udine presso la Biblioteca civica Joppi e la Biblioteca arcivescovile, a Venezia presso la Biblioteca Marciana e a Treviso presso la Biblioteca comunale. Sopravvivono, inoltre, delle epistole inviate a Giacomo di Montegnacco; sono scomparse, invece, le lettere al Belloni, mentre si conservano le lettere che quest’ultimo inviò al genero.

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Bibliografia

CASARSA, Storia poetica, 38-61; TREMOLI, 1125; R. JACOVISSI, Imitatori friulani di Catullo, «La Panarie», 109/110 (1996), 49-54.

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