DE MARCHI GIOVANNI

DE MARCHI GIOVANNI (1852 - ?)

scrittore, insegnante

Nacque il 25 settembre 1852 a Stevenà di Caneva (Pordenone), da poco (1849) diventata parrocchia autonoma, da Tommaso e da Giulia Vinanti di Sacile. Fu battezzato due giorni dopo col nome completo di Giovanni Battista (Giambattista). Il padre era figlio di Antonio e fratello di Stefano, entrambi noti impresari e architetti attivissimi nel Friuli occidentale nella prima parte dell’Ottocento. Le notizie biografiche sul personaggio sono finora molto scarse: diventato maestro, insegnò a Barcis per un periodo non ben definito, ma sicuramente già negli anni Settanta. Fondò e diresse (a Caneva?) una «scuola per gli artieri», che era ancora in vita nel 1885, quando D. M. si autodefinì «insegnante ed operaio»; emigrò, successivamente a tale data e forse alla fine degli anni Ottanta o agli inizi dei Novanta, in America, probabilmente in Brasile, dove erano diretti in quel periodo molti canevesi (fra di loro figuravano vari membri della famiglia De Marchi). Dopo tale partenza non restano di lui altre notizie certe, né si conosce l’anno della sua scomparsa. Nel 1880 esordì con una piccola raccolta di versi in italiano, composta di sedici poesie e intitolata Fiori di rupe, datata nel proemio «Barcis, 16 giugno 1880». Seguì alla fine dello stesso anno, già annunciata da una nota comparsa nel primo volumetto, una seconda raccolta di sei poesie, questa volta in dialetto, Versi in vernacolo rustico (di Caneva e del paese a occidente di essa), ossia Stevenà, pubblicata a Sacile dalla tipografia Fadiga con benevola prefazione del professor don Angelo Arboit, conosciuto probabilmente qualche anno prima mentre questi indagava in loco sulle villotte della Valcellina per il suo libro sull’argomento, poi uscito nel 1876. Dalla prefazione dell’Arboit, datata «Parma, 22 novembre 1880», si sa che D. M. prendeva allora parte, anche se in maniera definita «modesta», a investigazioni dialettologiche proprio sulla Valcellina, che non trovarono però, a quanto consta, pubblicazione diretta. ... leggi Nel 1885 uscì a Pordenone Avanti ad ogni costo!, che D. M. dichiarò di vendere «a beneficio della scuola per gli artieri istituita e diretta dall’autore», scuola alla quale risulta esplicitamente diretto l’incitamento del titolo. Si tratta di una quindicina di brevi o brevissime poesie, due sole delle quali in dialetto; al riguardo D. M. affermava, in una nota, di aver scritto «parecchi versi in vernacolo», usando «il dialetto che parlasi dai contadini di Caneva di Sacile». Di un possibile altro suo libro di poesie, tutte in dialetto, Dal magaden de la feraza de Nani Marchetot (lo pseudonimo è ricavato dalla forma dialettale di Giovanni e dall’antico soprannome del proprio ramo familiare, i “Marchetot” appunto), edito o forse solo progettato, nulla per ora si sa con sicurezza: le poesie contenute sarebbero confluite comunque nella raccolta del 1906. I versi dialettali e italiani di D. M. – ma non quelli di Fiori di rupe – furono infatti ripubblicati a Sacile in Raccolta di poesie in vernacolo rustico canevese edite ed inedite con l’aggiunta di alcune in italiano nel 1906, segno che la sua opera era ancora ben conosciuta e apprezzata. Successive edizioni parziali dell’opera di D. M. sono seguite negli anni Settanta e Ottanta del Novecento a cura di Nino Roman e di Luciano Rupolo con Luciano Borin. Nel complesso le poesie scritte in italiano, pervase da pessimismo e malinconia vagamente foscoliani e leopardiani, risultano più scolastiche e meno riuscite; quelle invece in dialetto canevese, un trevigiano rustico orientale solcato da influenze bellunesi e friulane, rivelano una vena poetica più fresca e spigliata, che solo raramente cade nel prevedibile e nel già sentito, sempre attenta alla minuta vita di paese e ricca di voci popolari, quasi raccolte per strada o nelle osterie. Tra le composizioni dialettali maggiormente degne di nota si ricorda Moscardine (ripubblicata anche nelle «Pagine friulane» nel 1889 e poi nella «Rivista della Società filologica friulana» nel 1924), Despò de ‘na nevegada, Al bal, la breve Dornadata e l’invece lunghissima Oh, che bale!, un gustoso ditirambo che rappresenta un po’ il nucleo centrale della sua produzione.

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Bibliografia

G. DE MARCHI, Fiori di rupe, San Daniele, Tip. F. Pellarini, 1880; ID., Versi in vernacolo rustico (di Caneva e del paese a occidente di essa), Sacile, Tip. Fadiga, 1880; ID., Avanti ad ogni costo!, Pordenone, Tip. Litog. Gatti, 1885; ID., Raccolta di poesie in vernacolo rustico canevese edite ed inedite con l’aggiunta di alcune in italiano, Sacile, Società tipografica editrice Zilli & C., 1906.
Poesie, a cura di N. ROMAN, Venezia, Comune di Caneva, 1972; Oh, che bale!, a cura di ID., Pordenone, GEAP, 1973; Giovanni De Marchi, a cura di L. RUPOLO - L. BORIN, Caneva, Associazione Pro Castello/Biblioteca civica comunale, 1984; A. COLONNELLO, Nani Marchetot e Cana… Cargana, in Caneva, 217-236: 217-224.

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