MARCHESINI AMBROGIO

MARCHESINI AMBROGIO

appaltatore di zecca

Immagine del soggetto

Sottoscrizione di Ambrogio Marchesini in una sua lettera.

Finanziatore dell’impresa zecca patriarcale dall’aprile 1413 al 28 aprile 1420, data dell’ultima emissione dello stato aquileiese, A. M. proveniva da una famiglia di origine toscana, che al momento in relazione alle esigenze dell’investimento per l’avvio dell’azienda, offriva sufficiente solidità economica. Figli di Giovanni, che era stato accettato come vicino a Udine solo il 28 marzo 1371, i Marchesini della generazione di A. erano proprietari di una drapperia in Mercatovecchio gestita in particolare da Leonardo. Uno dei fratelli era Pietro dottore in decreti. L’esperienza del commercio, unita a un consistente patrimonio familiare, certamente favorì A. per l’assunzione dell’appalto comunale della drapperia condivisa non felicemente con il fratello Sandro, con il quale alla fine litigò. Egli incrementò le sostanze con attività di prestito e anche con traffici di merci estranee a una drapperia, quali, per esempio, olio. Con il cambio della classe politica in seguito alla elezione di Ludovico di Teck a patriarca, A. M. si assunse in toto l’onere dell’appalto della zecca, della quale fu l’ultimo “magister monetarius”. Il personale era pronto, l’incisore e saggiatore fu ancora Domenico Brunacci, che dal 1371 anche se non continuativamente aveva esercitato quell’attività in zecca. Fino al 16 ottobre 1413 la moneta d’argento fu battuta in denari, dal 28 aprile 1414 in soldi. Solo quattro volte si misero in circolazione piccoli (detti anche bagattini) di mistura. Custode della moneta era stato nominato Antonio Cavalcanti. Dopo tanti anni di attività il vecchio orefice Domenico Brunacci nel 1417 lasciò il posto a un nuovo saggiatore, Pietro da Spilimbergo, anche lui orafo, fratello del rettore di scuola Giovanni. Con la chiusura della zecca si concluse anche la vita di A., che il 3 giugno 1420, alla vigilia della resa di Udine alla Repubblica veneta, dettava testamento. Era l’ultimo sopravvissuto dei fratelli maschi. Restava solo la sorella Orsola, che riceveva l’incarico di farlo seppellire in duomo, dove riposavano il padre Giovanni e la madre Clara, nonché di far celebrare gli anniversari della sua morte.

Bibliografia

DE RUBEIS, De nummis, 150-155; LIRUTI, Della moneta, 58-59; JOPPI, Contributo quarto, 155; LEICHT, Parlamento, DVIII, 477-483; BIASUTTI, Zecca, 29; V. MASUTTI, Gli orefici di via Mercatovecchio nella prima metà del Quattrocento, «Quaderni della FACE», 54 (1979), 26; MASUTTI, Donne in affari, 107; BERNARDI, Monetazione, 207; G. BERNARDI - A. COSANZ BRUNI, I Toscani nella zecca patriarcale, in I Toscani in Friuli. Atti del convegno (Udine, 26-27 gennaio 1990), a cura di A. MALCANGI, Firenze, Olschki, 1992, 80-81; GOI - BERGAMINI, Ori, 226; MASUTTI, Zecca, 23, 24, 32, 51, 62-67, 68, 84, 87, 91, 98, 175, 176, 177-235.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *