GORGO CAMILLO E GIOVANNI

GORGO CAMILLO E GIOVANNI (1675 - ?)

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C. nacque a Udine nel 1675 da Giovanni Antonio ed Eleonora di Strassoldo, nipote dell’omonimo che per primo ospitò gli Sventati. Il Madrisio, che esalta la famiglia Gorgo per i meriti culturali, ricorda l’opera sua e del fratello Giovanni (1678-1760), cavalieri ai quali si deve la formazione di una «sontuosa libreria» aperta ad amici e studiosi. G. preferì una vita ritirata, che trascorse per un periodo tra 1713 e 1727 presso i padri serviti delle Grazie di Udine ai quali lasciò la sua biblioteca, con la clausola che potesse essere usata da parenti e discendenti. Tradusse in italiano, servendosi della versione latina, le Règle générale de la foi catholique del gesuita François Véron (Franciscus Veronius), impegnato nella diffusione del cattolicesimo contro calvinisti e giansenisti, opera pubblicata a Parigi nel 1645. Il fratello C. sposò Aurora di Spilimbergo e si dedicò alle cure della famiglia. Convinto assertore, come il fratello, di una cultura improntata ai principi cattolici, compilò raccolte di massime morali a scopo didattico, rivolte espressamente al figlio Giacomo (Teologia morale) e ai nipoti (Raccolta di massime morali), principi che avrebbero dovuto, come egli spiega, guidarli nel vivere quotidiano affiancando l’opera del padre spirituale. Con citazioni tratte da san Paolo, dai padri della chiesa e da un esempio moderno di santità, san Francesco di Sales, C. si propone di discutere non di questioni teologiche, ma di redigere secondo i principi dell’ortodossia cattolica un catechismo da osservare nella vita di ogni giorno. Infatti, oltre all’enunciazione di principi cristiani e a pratiche di virtù e devozione vengono formulate norme spirituali da seguire nella vita matrimoniale, nell’educazione dei figli, stabilendo obblighi per il padre e la madre di famiglia, con avvertimenti alle «dame» e riflessioni anche sul costume. ... leggi C. prende in considerazione, per esempio, il cicisbeismo, esprimendo una condanna di «sfaccendati e cicisbei», esortando a tenere lontani i figli da simili esempi, in quanto «i figliuoli sono fedeli imitatori; se vedono praticarsi il bene sono buoni, cattivi se osservano il male». La stessa necessità di educazione dell’infanzia, in quanto «le prime impressioni che si fanno nei figlioli influiscono sopra il rimanente della loro vita», è affermata in una lettera del 1726, Alla co. Giulia e al co. Giacomo Gorgi miei figlioli, dove è presentata come figura «eccellente», esempio di «salute morale» il fratello Giovanni. C. offre un altro esempio concreto di applicazione degli insegnamenti cristiani nel quotidiano nella biografia, dai toni quasi agiografici, della figlia Elisabetta, moglie di Eusebio Caimo, morta nel 1730 a venticinque anni, scritta sotto forma di lettera al figlio Giacomo (il quale ricorda a sua volta la sorella in un’altra lettera al fratello Antonio, gesuita). Elisabetta viene presentata come un modello di sposa e di madre la cui vita esemplare costituisce una gloria della famiglia. Di C. si conservano anche le Raccolte ascetiche e cronologiche, un libretto di appunti che assembla passi delle sacre scritture e dei padri della Chiesa, oltre a una cronaca universale dalla nascita di Cristo al maggio 1744, presentano particolare interesse, proprio perché sono databili alla prima metà del Settecento, le traduzioni friulane del Pater noster, del Credo, delle preghiere del culto mariano e il passo del Vangelo dell’annunciazione. Seguono le indicazioni di funzioni religiose, preghiere e litanie da osservare in casa Gorgo nei singoli giorni della settimana. C. fu attento anche alla gestione del patrimonio familiare: le lettere con Giuseppe Tartagna, che a Venezia curava i suoi affari legali, ci documentano il suo tentativo di introdurre il commercio dei propri vini nei territori veneti, ottenendo la concessione con una ducale la cui attuazione viene però ostacolata dalla concorrenza che si serve di cavilli giuridici interpretativi. A lui si deve anche una Memoria sulla famiglia, polemica nei confronti di Matteo Del Teglio, ambasciatore a Venezia del granduca di Toscana, il quale nelle Famiglie nobili delle città dello stato veneto asseriva che i Gorgo di Udine, provenienti da un casato nobile di Vicenza, non avrebbero vantato personaggi illustri «né per armi né per lettere». Al Del Teglio vengono rimproverati anche l’accreditamento delle origini leggendarie di molte famiglie, le omissioni di più casate nobiliari cittadine e feudali. La Memoria, rimasta manoscritta, è interessante non soltanto in quanto presenta le glorie dei Gorgo, ma soprattutto perché l’autore, che dimostra una cultura che coniuga aperture alla letteratura francese contemporanea e tradizione cristiana, esalta una nobiltà costruita sulla virtù, sul merito e sul sapere. È una linea vicina a quella di Romanello Manin, frequentatore ed estimatore di casa Gorgo.

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Bibliografia

Mss BCU, Principale, 1394, C. Gorgo, Teologia morale; ivi, 1433, C. Gorgo, Raccolta di massime morali scritte per i propri nipoti; Ibid., Joppi, 148, C. Gorgo, Raccolte ascetiche e cronologiche; Ibid., Genealogie del Torso, Gorgo; Ibid., Joppi, 478, Alla c. Giulia e al co. Giacomo Gorgi miei figlioli; Ibid., Principale, 875.25, Notizie della vita e morte di Elisabetta Caimo nata co. Gorgo, Udine 1730 (lettera seconda, di C. Gorgo al figlio Giacomo); ivi, 1405, Regole della fede cattolica, di F. VÉRON, tradotte dal latino da G. GORGO ; ivi, 1008. IV Lettere Gorgo (lettera di Giuseppe Tartagna sul commercio dei vini, Padova, 12 settembre 1732); Ibid., Ioppi, 185, M. Del Teglio, Famiglie nobili delle città dello stato veneto, [fine sec. XVII].

N. MADRISIO, Apologia per l’antico stato e condizione della famosa Aquileia, Udine, Fongarino, 1721, 7-8; G. COMELLI, Una ignorata biblioteca udinese del Settecento, «Ce fastu?», 27-28 (1951-52), 42-44; L. CASELLA, Romanello Manin nell’ambiente culturale del primo Settecento italiano, in Le due nobiltà. Cultura nobiliare e società friulana nei “Dialoghi” di Romanello Manin (1726), a cura di L. CASELLA, Roma, Bulzoni, 1999, 15.

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