ALBERTO II

ALBERTO II (? - 1304)

conte di Gorizia-Tirolo

Immagine del soggetto

Denaro di Alberto II (coll. privata).

Pressoché a metà della storia della dinastia comitale goriziana, relativamente oscura negli inizi (XI secolo) ed estintasi il 12 aprile 1500, si colloca la coppia di fratelli, A. (1263-1304) (c’era stato già un Alberto tanto nella dinastia tirolese quanto in quella goriziana e perciò viene preferita l’indicazione di II) e Mainardo IV, che dapprima ereditarono la contea di Gorizia, a cui col padre, Mainardo III (assunto poi come I del Tirolo) si era congiunta la contea del Tirolo, e poi diedero vita a due dinastie parallele, quella mainardina (Tirolo-Gorizia) e quella albertina (Gorizia-Tirolo). Il padre aveva sposato nel 1237 la figlia di Alberto III del Tirolo, Adelaide, e perciò aveva potuto fondere per alcuni decenni le due contee. Accanto a questa grande crescita di potenza, con una ramificata serie di possessi dall’Istria interna alla Carniola, alla Carinzia e al Tirolo, era da porre l’antica carica di avvocato del patriarcato di Aquileia, a cui si aggiunsero poi le avvocazie per Trento e per Bressanone. Mainardo III aveva fondato la zecca di Lienz, ma una zecca era aperta anche a Latisana, punto centrale delle presenze goriziane nel Friuli; Gorizia rimase centro amministrativo della contea, con una preferenza crescente per Lienz. La grande ampiezza assunta dalle contee congiunte di Gorizia e del Tirolo, la fedeltà agli Staufen, di cui A. divenne congiunto, e l’indole sua spavalda nonché i programmi ambiziosi coltivati a lungo (anche negli anni della prigionia patita assieme al fratello nel castello di Hohenwerfen tra il 1252 e il 1259, a seguito della pace di Lieserhofen che aveva posto fine alla guerra condotta infelicemente contro Salisburgo e contro il duca di Carinzia) diedero al governo e al comportamento di A. caratteri di aggressività che culminarono nella cattura del patriarca Gregorio di Montelongo (20 luglio 1267) e nel suo imprigionamento nel castello di Gorizia. ... leggi Occasione per quest’atto esecrato, per cui intervenne il re Ottocaro di Boemia, erano state le controversie tra i conti di Gorizia e i patriarchi per i feudi di cui i Goriziani godevano nel Friuli patriarcale: alcuni erano derivati dall’avvocazia e altri erano stati concessi in varie occasioni dai patriarchi; la questione sarebbe divenuta inestricabile dal 1420 in poi, dopo che Venezia subentrò nel possesso della contea del Friuli pretendendo da Enrico IV di Gorizia l’omaggio feudale, contestato invano dall’autorità imperiale. Nello stesso 1267 si posero anche le premesse per una divisione della contea tra i due fratelli, che seguì nel 1271: ambedue avrebbero dovuto fregiarsi dei due titoli, Gorizia e Tirolo, sia pure per Mainardo in ordine inverso. Il confine tra le due parti della contea veniva fissato alla Chiusa di Mühlbach, all’imbocco della Pusteria; il progetto prevedeva che le due linee si aiutassero reciprocamente nel diritto di successione e in ogni frangente; gli introiti, che erano maggiori nella parte più propriamente goriziana, sarebbero stati compensati da versamenti da parte di A., al quale spettarono i territori sparsi a chiazze nel Tirolo orientale (Lienz), nella Pusteria, nell’alta Carinzia, nel Friuli (comprendendo il Carso e le valli dell’Isonzo e del Vipacco), in Istria e nella Marca Vendica. Per effetto di questa divisione rimase nelle terre tradizionalmente goriziane anche l’abbazia di Rosazzo che i Goriziani si vantavano di aver fondato e destinato a mausoleo (vi furono sepolti lo stesso A. e poi il figlio suo, Enrico II). Per compensare i danni derivati dalle scomuniche, da cui furono colpiti i due fratelli per le loro violenze e per l’appoggio dato a Corradino di Svevia, veniva dato impulso a simili istituzioni, come fece Mainardo IV per Stams (1272). Quella attribuita ad A. era la “Contea interna”, a cui spettavano le avvocazie delle chiese di Aquileia e di Parenzo, oltre a svariati beni allodiali e feudi ecclesiastici. Tra i documenti relativi ad A. è noto il suo sigillo che mostra il conte a cavallo, con lo stemma goriziano sullo scudo, e con la scritta: S. ALBERTI COM(ITIS) GORICIE ET TIROL(I) AQVIL(EGENSIS) BRIX(I)ENSIS TRID(ENTINI) ADVOCATI; vi sono mantenuti i titoli e le competenze anche dopo il 1271. La divisione della contea fu in realtà definitiva e non avvenne che, come pure era stato progettato, un Goriziano potesse succedere nella serie tirolese né viceversa, come fu dimostrato al momento dell’estinzione della linea mainardina: nel 1363 la contea del Tirolo passò agli Absburgo anziché ad Alberto III di Gorizia o al fratello Mainardo VII.

Chiudi

Bibliografia

DE RUBEIS, MEA, 731-735, 751-754, 761, 765-769, 771-774, 793, 805, 810-812, 850, 864; A21-28, 30, 37-39; C. VON CZOERNIG, Das Land Görz und Gradisca, Wien, 1873 (Gorizia “la Nizza austriaca”, Gorizia, 1969, 440-452 e passim); K. STARZACHER, Beiträge zum Urkundenwesen der Grafen von Görz, besonders für die Zeit von 1271 bis 1350, Wien, 1935; H. WIESFLECKER, Die Regesten der Grafen von Görz und Tirol, Pfalzgrafen in Kärnten, I-II, Innsbruck, Wagner, 1949-1952; M. PIZZININI, Die Grafen von Görz und die Terraferma-Politik der Republik Venedig in Istrien in der 2. Hälfte des 13. Jahrhunderts, «Veröffentlichungen des Tiroler Landesmuseums Ferdinandeum», 54 (1974), 183-211; J. RIEDMANN, Mittelalter, in Geschichte des Landes Tirol, Bozen, Athesia, 19902; P. ŠTIH, Studien zur Geschichte der Grafen von Görz, Wien, Oldenbourg, 1996; H. WIESFLECKER, Die Graftschaft Görz und die Herrschaft Lienz, «Veröffentlichungen der Tiroler Landesmuseums Ferdinandeum», 78 (1998), 131-149; M. PIZZININI, in 1500 circa, Milano, Skira, 2000, 3; R. HÄRTEL, I conti di Gorizia e il Friuli nel Medioevo centrale, in I Goriziani nel medioevo, Gorizia, LEG, 2001, 49-122; P. ŠTIH, I conti di Gorizia: signori di Gorizia, della Carniola e dell’Istria, Ibid., 123-136; M. PIZZININI, La Contea anteriore di Gorizia: sviluppo e separazione dalla Carinzia, in La Contea dei Goriziani nel Medioevo, Gorizia, LEG, 2002, 105-120; J. RIEDMANN, Gorizia e Tirolo, in Da Ottone III a Massimiliano I, a cura di S. CAVAZZA, Mariano del Friuli, EdL, 2004, 208-229.

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *