ROSSI DOMENICO

ROSSI DOMENICO (1657 - 1737)

architetto

Immagine del soggetto

Facciata del duomo di San Daniele, realizzata nel primo decennio del XVIII secolo su progetto di Domenico Rossi.

Nato nel 1657 a Morcote presso il lago di Lugano e morto nel 1737 a Venezia, D. R. è figura centrale della produzione architettonica dell’area veneta tra la fine del secolo XVII e il primo trentennio del XVIII. La sua formazione avvenne nella Venezia barocca: accanto a Giuseppe Sardi, suo zio, il R. svolse infatti il suo primo alunnato, passando poi alle prestigiose botteghe di Alessandro Tremignon e Baldassarre Longhena. Alle commissioni dei conti Savorgan si collega la prima opera del giovane R. che presto diventò protagonista dell’architettura del patriziato veneto e friulano. Per la nobile famiglia friulana sistemò palazzo Barco ad Osoppo, qui gli viene anche attribuito il disegno della chiesa di S. Pietro, la quale, realizzata nei possedimenti dei Savorgan, andò distrutta come il palazzo. Di grande prestigio sono le commissioni che ricevette dal patriarca Dionisio Dolfin. Al R. fu affidata la sistemazione dell’ala destra del palazzo patriarcale dove doveva trovare spazio la biblioteca, per la quale l’ormai affermato architetto disegnò l’ambiente di mirabile accordo tra la struttura lignea delle pareti e gli stucchi del soffitto. Iniziati nel 1708, i lavori si concretizzarono nell’innalzamento del corpo centrale e nel completamento dell’ala sinistra, concludendosi infine nel 1725, quando venne realizzato lo scalone d’onore. Agli schemi delle architetture di Baldassarre Longhena fece evidente riferimento il R. nella realizzazione dell’edificio la cui decorazione venne affidata dal patriarca ad alcuni tra i migliori artisti del momento: Giambattista Tiepolo, Louis Dorigny e Nicolò Bambini. ... leggi Il nome del R. si collega quindi ai Manin e alla sistemazione della villa di Passariano, impresa architettonica con la quale la famiglia friulana celebrava l’ingresso nella nobiltà veneta. Spettano all’architetto i lavori di ampliamento che, inglobando il nucleo gentilizio secentesco e le barchesse, prevedevano l’invenzione della caratteristica esedra a ferro di cavallo. Alla sua direzione si deve il disegno della “piazza quadra” (1707) e la realizzazione un decennio dopo della scenografica “piazza rotonda”. Per la stessa impresa l’architetto, oltre l’innalzamento delle barchesse e del nucleo gentilizio tra il terzo e il quarto decennio del secolo, nel 1718 fu l’autore anche dell’ultima sistemazione della cappella. Straordinario esempio del valore settecentesco dell’unicum di scultura e architettura, la cappella – disegnata dal R. sul modello palladiano della pianta centrale – venne concepita unitamente all’apparato scultoreo affidato a Giuseppe Torretti che vi operò tra il 1722 e il 1725. Le commissioni Manin lasciano segni importanti anche a Udine, dove il R. venne nominato responsabile della sistemazione del duomo cittadino (benché per l’area del presbiterio sia intervenuto anche Abbondio Stazio). Mentre a Passariano si lavorava all’ampliamento della residenza, l’interno del duomo di Udine fu infatti interamente riformato tra il secondo e il quarto decennio del secolo per interesse della famiglia Manin. In cambio della collocazione nel presbiterio delle tombe di famiglia, i Manin si fecero carico della spesa dell’impresa che sotto la direzione del R. vide la partecipazione dei protagonisti della cultura artistica barocca veneta, portando così ad operare insieme nel solo transetto il Torretti, Giuseppe Pozzo, il Dorigny, e lo Stazio. Nell’affermazione del valore unitario della pratica scultorea e architettonica, al R. si attribuisce l’ossatura dei due monumenti funebri dei Manin, su cui trovano spazio le figure del Torretti, di Antonio Corradini, di Pietro Baratta, di Marino Groppelli (in quello di sinistra) e quelle del Baratta, di Antonio Tarsia, di Francesco Cabianca (in quello di destra). Ancora per la nobile famiglia friulana progettò a Udine, forse in collaborazione con il Pozzo, la cappella Manin, parte del palazzo cittadino, poi Torriani. Il R. sviluppò su schema centrale la pianta esagonale della cappella che, realizzata a partire dal 1733 e consacrata due anni dopo, si caratterizzava per l’apparato scultoreo ancora ad opera del Torretti. Al contatto con le nobili famiglie dei Savorgnan, dei Dolfin e Manin si deve probabilmente l’incarico al R. della risistemazione di villa Antonini Brunner a Cavenzano. Se il R. lasciò le imprese di maggior fama a Udine – dove già nel primo decennio del secolo venne incaricato della progettazione della perduta chiesa di S. Maria dei Filippini realizzata da Luca Andreoli – negli stessi anni partecipò anche al cantiere del duomo di Pordenone. Iniziata nel 1719, l’impresa del riammodernamento del duomo di quella città doveva prevedere un’unica ampia navata con sei cappelle laterali. La direzione dei lavori fu affidata ai capomastri Luca e Francesco Andreoli che per motivi economici intervennero nel progetto semplificandolo in fase esecutiva, limitandosi all’innalzamento della navata centrale e alla costruzione delle cappelle laterali, mentre la facciata rimase incompiuta. Proprio questa si deve invece al progetto del R. per il duomo di San Daniele, realizzata a partire dal 1703. Tra il 1725 e il 1788 si svolse invece il rifacimento dell’interno dell’edificio trecentesco che, già modificato durante il secolo XVI, raggiunse l’aspetto definitivo con l’elevazione del corpo centrale e gli interventi alla testata da parte degli Andreoli e infine di Carlo Corbellini. Al R. viene infine attribuita la realizzazione, negli anni giovanili e in collaborazione con lo zio Sardi, del palazzo Gregoris a Pordenone e, per analogia, anche del palazzo omonimo a Polcenigo, dove l’architetto potrebbe aver collaborato anche alla trasformazione settecentesca della parrocchiale. A Udine infine R. progettò palazzo Maniago, eseguito nel 1768 da L. Andreoli iunior. Da approfondire rimane la notizia secondo la quale, come ricorda un manoscritto conservato presso l’Istituto della Provvidenza di Udine, il R. venne «adoprato in opere di non poco rilievo dalla Maestà dell’Imperatore in Vienna».

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Bibliografia

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