STELLA FRANCESCO MARIA

STELLA FRANCESCO MARIA (1745 - 1800)

barnabita, fisico, selvicultore

Immagine del soggetto

Lettera di Francesco Maria Stella all'allievo Giorgio Morosini sulla caduta di un fulmine su casa Liruti, «Nuovo giornale d'Italia...», 1 (1790).

Nacque a Spilimbergo nel 1745 da una famiglia aristocratica di origine bergamasca che si era insediata nella cittadina pedemontana intorno alla prima metà del Cinquecento. Fra i suoi antenati vi fu Eusebio Stella. Compì i suoi studi nel collegio dei padri barnabiti a Udine e passò poi in quello superiore di Monza, dove vestì l’abito e si dedicò all’insegnamento. Completò la sua formazione seguendo corsi di filosofia a Milano e Pavia, anche se i suoi interessi erano prevalentemente naturalistici. Rientrato in Friuli fu insegnante di fisica e filosofia nelle scuole pubbliche dei barnabiti in un momento delicato dell’istituzione scolastica: era iniziata un’aspra concorrenza tra le scuole dei padri e il seminario. Il numero di allievi presso i barnabiti era in costante decremento, nonostante il valore di alcuni insegnanti come lo stesso S., il rettore Angelo Maria Cortenovis, Salvatore Riva e Alessandro Tartagna. Si fece apprezzare nell’ambito delle scienze naturali, studiando con il microscopio alcuni microrganismi infusori che descrisse per primo. Nell’insegnamento della chimica si distinse per essere stato un convinto sostenitore dei fondamenti degli strumenti e del linguaggio della nuova chimica del francese Lavoisier. Si dedicò allo studio dei fulmini e alle tecniche di difesa. In una lettera all’allievo Giorgio Morosini descrive con rigore scientifico «alcune circostanze che accompagnarono un fulmine, nell’atto di colpire la casa de’ nobili signori Liruti di Udine», prendendo lo spunto per suggerire letture di fisica dello scienziato francese de la Mètherie. Promosse la localizzazione di una rete efficace di parafulmini a difesa dei palazzi e dei monumenti della città e non solo. ... leggi Parafulmini sarebbero stati eretti in molte zone del Friuli e di Venezia. Divenuto segretario dell’Accademia di agricoltura pratica godette della stima del conte Camillo Gorgo che finanziò con 200 ducati la costruzione e il volo di collaudo del pallone aerostatico avvenuto, tra la curiosità di numerosi cittadini, nella serata del 12 maggio 1784 in Giardin grande, ad un anno dal memorabile volo dei fratelli Mongolfier. Antonio della Forza registrava l’avvenimento descrivendo l’ascesa del pallone, il volo di circa mezz’ora sulla città e l’atterraggio in un «campo fuori della porta del borgo di San Lazaro senza essersi di troppo pregiudicato». La soddisfazione del Gorgo e dello S. fu attenuata dalle critiche di Giorgio di Polcenigo che mostrava disprezzo per ogni innovazione: criticava Zanon, Antonio di Montegnacco e anche gli esperimenti aerostatici dello S. Il 28 aprile 1790 pronunciò all’Accademia d’agricoltura pratica di Udine un celebre Discorso sui boschi del Friuli che fu apprezzato dall’economista Antonio Zanon per le innovative idee che proponeva circa lo sfruttamento più razionale dei boschi del Friuli. Lo S. era stato incaricato dal governo della Serenissima di compiere una visita ai boschi friulani destinati a fornire legname di pregio all’arsenale. Il problema del “bosco” era particolarmente dibattuto nella Repubblica di Venezia non solo per l’importanza che il legname aveva avuto nella storia della potenza marittima, ma anche per un diffuso depauperamento forestale che ebbe inizio nella seconda metà del Settecento, ed infine per il fiorire di numerose accademie agrarie che mostravano particolare attenzione per le questioni forestali. Lo S. nel suo Discorso ribadisce l’importanza di una salvaguardia della copertura boschiva per la regolazione delle piene, suggerisce di ridurre il fabbisogno di legna da ardere ricorrendo all’uso dei combustibili fossili, e soprattutto della torba che già Pietro Comparetti, Zanon e Fabio Asquini avevano ampiamente promosso. La proposta più singolare dello S. per la conservazione delle piante di alto fusto che forniscono legname da opera è quella di sostituire le travature nelle costruzioni con le volte. La trattazione del padre barnabita si dilunga sui boschi di quercia, la specie che garantiva la produzione di quel legname pregiato da opera che l’arsenale richiedeva. Le conclusioni, assai vicine a quelle del Comparetti, ribadiscono la necessità di incrementare le piantagioni di roveri spronando i privati a farlo mediante facilitazioni economiche e con premi di incoraggiamento da corrispondere in aggiunta al pagamento del legname fornito all’arsenale. La Repubblica era prossima alla fine, ma l’opera dello S., come quella del Comparetti, rappresentarono l’inizio di una trattazione rigorosa dei problemi forestali in Italia, dando alla selvicoltura quella dignità di scienza autonoma che già si era registrata in Francia e in Germania. Lo S. morì a Udine nel 1800.

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Bibliografia

F.M. STELLA, Lettera del p.d. […] in cui gli espone alcune circostanze, che accompagnarono un fulmine, nell’atto di colpire la casa de’ nobili Signori Liruti di Udine, «Nuovo giornale d’Italia spettante alla scienza naturale», 1 (1790), 173-176.

DBF, 765-766; MARCHETTI, Friuli, 1017; Mille protagonisti, 465-466; G. ROSSI, Francesco Maria Stella un insigne spilimberghese del Settecento, «Il barbacian» 22/2 (1985), 13-15; A. DELLA FORZA, Diario Udinese (1740-1800), a cura di G. COMELLI, Udine, Casamassima, 1986, 31, 167; E. MIRMINA - A. DE CILLIA, Ambiente, letteratura e società nella storia del Friuli, Padova, Cleup, 2003, 82-86.

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