LORENZI ARRIGO

LORENZI ARRIGO (1874 - 1948)

geografo, docente

Immagine del soggetto

Il geografo Arrigo Lorenzi (collezione privata).

Nacque il 16 settembre 1874 a Udine, dove frequentò la vecchia scuola elementare di San Domenico e il Ginnasio liceo Iacopo Stellini. Dal 1891 fece parte della Società alpina friulana, scuola di alpinismo, di scienza, di “virtù patrie”. Fin da ragazzo fu fervente irredentista: a dodici anni portava oltre confine i giornali irredentisti che si stampavano in Italia; da studente fu presidente di un circolo irredentista; a diciassette anni tenne la commemorazione di Guglielmo Oberdan. Concluse gli studi secondari nel 1893, quando si iscrisse alla Facoltà di scienze dell’Università di Padova, dove si laureò nel 1897 con Giovanni Canestrini, traduttore e interprete di Darwin. Prestò quindi servizio militare come ufficiale di fanteria tra il 1897 e il 1900, prima a Roma, poi a Venezia e Udine. Ciò non gli impedì di concludere una serie di ricerche sui Laghi di Cavazzo e di Ospedaletto, sulla palude di Solimbergo, sui termini dialettali relativi a fenomeni carsici friulani. Questi studi maturarono all’interno della Società alpina sotto la guida di Giovanni Marinelli e con la collaborazione di Olinto Marinelli, Francesco Musoni e successivamente Michele Gortani. Nello stesso periodo L. appoggiò l’idea di istituire un Circolo speleologico friulano, di cui a buon diritto può considerarsi uno dei fondatori. Dal 1900 insegnò scienze alla Scuola magistrale Lambruschini di Genova, passando successivamente ai Licei Tulliano di Arpino e Cellio di Rovigo. Non interruppe tuttavia le sue ricerche sul Friuli, scrivendo sulle colline di Buttrio, sul Lago di Cornino, sulla pastorizia, sulle “lavie”, torrenti che si perdono nella pianura pedemorenica. ... leggi Nel 1908 sposò Ada, la prima figlia di Massimo Misani, il preside che dal 1871 al 1920 diresse l’Istituto tecnico Antonio Zanon, la piccola università del Friuli, uno dei centri vitali della cultura friulana. L. ottenne nel 1912 la libera docenza all’Università di Bologna e portò a termine gli Studi sui tipi antropogeografici della pianura padana, pubblicati in più riprese tra 1914 e 1915 sulla «Rivista geografica italiana» e considerati uno dei capolavori del nostro Novecento. Nel 1915 vinse il concorso per la cattedra di geografia dell’Università di Palermo e, come primo della terna, ottenne la chiamata all’Università di Padova, dove insegnò fino alla morte. Allo scoppio della guerra si offrì volontario nella seconda armata, dove rimase in servizio in zona operazioni fino al 1917. Nel 1925 firmò il manifesto Croce, dimostrando così la sua aperta avversione al fascismo. Nel 1944-1945 accettò la presidenza della Facoltà di lettere, quando il suo amico e collega Concetto Marchesi aveva scelto la lotta partigiana in montagna. Morì a Padova nel 1948, dopo aver protestato contro confini nazionali ancora una volta «iniqui». L. è uno dei maggiori geografi italiani del Novecento. Quattro opere scandiscono principalmente la sua riflessione: La collina di Buttrio nel Friuli, saggio pubblicato a puntate su «In Alto», rivista della Società alpina friulana, tra 1902 e 1904; gli Studi sui tipi antropogeografici della pianura padana, già citati; Il Friuli come regione naturale e storica, discorso inaugurale pronunciato al XIII congresso geografico italiano tenuto a Udine nel 1937; la Introduzione alla geografia (Bologna, 1943), sintesi della ricerca geografica in Italia. Come annota Michele Gortani, Giovanni Marinelli fu per L. maestro nel senso di guida che assegna il senso della ricerca, che rafforza le indagini dei singoli convogliandole in un unico alveo. I due livelli di studio, regionale e nazionale, si integrerebbero nel concetto di incivilimento, principio e cardine della scuola geografica friulana. La conoscenza razionale della “piccola patria” è quindi ritenuta condizione prima per una civile e ordinata amministrazione, attivo contributo al progresso della “grande patria”. L. ne La collina di Buttrio afferma che la vera conoscenza di una regione quale associazione di fenomeni naturali e umani deve individuare il nesso intimo che esiste tra i diversi fatti che costituiscono un paese. Dopo l’analisi delle condizioni naturali, nel capitolo conclusivo, intitolato Modificazioni della plastica dovute all’uomo, L. riconosce come nel territorio aspetti geomorfologici e climatici siano inseparabili dalla storia dell’agricoltura, come l’azione della natura e l’opera dell’uomo si confondano. Il cenno sulle abitazioni rurali e la loro forma, sulle scelte insediative e sui loro caratteri storici sembra così attribuire alla ricerca naturalistica il valore di premessa degli studi “oicografici”, cioè sulle case rustiche, e quindi delle “correlazioni” tra uomo e ambiente, che in tal modo si rivelano quale momento essenziale della ricerca geografica. Si può affermare che il discorso sull’incivilimento che guiderà gli studi antropogeografici è ormai impostato, ma è importante cogliere la progressione delle indagini di L. su «In Alto», dove l’osservazione naturalistica è sempre finalizzata al progresso delle condizioni civili della regione. Se la prima produzione di L. è dominata dalla figura e dalla proposta scientifica di Giovanni Marinelli, la successiva, quella che culmina con gli Studi sui tipi antropogeografici della pianura padana, pur fortemente autonoma, tiene in massimo conto i suggerimenti di Olinto Marinelli, da cui adotta senz’altro il concetto di tipo geografico, da cui derivano l’interesse per l’antropogeografia di Federico Ratzel e l’attenzione per il metodo genetico di William Morris Davis. Sono tuttavia indicazioni rimeditate e rielaborate secondo il pensiero positivista di Roberto Ardigò, ma soprattutto secondo il modello cattaneano di geografia. I fatti e fenomeni osservati dal viaggiatore-geografo (L. indica se stesso come soggetto della ricerca) sono inseriti in una precisa visione del progresso, comparando sistematicamente condizioni civili e materiali delle campagne che viene visitando. L’individualità economico-agraria del «tipo delle risaie piemontesi» ha, per esempio, unificato unità naturali tra loro diverse. I tetti di segale e canne palustri nel «tipo delle recenti bonifiche meccaniche» vanno, infatti, scomparendo per «miracolo di scienza umana». Il richiamo alla inchiesta Jacini, ritenuta quadro veritiero delle campagne padano-venete-friulane, spiega d’altro canto l’originalità dell’indagine. L. come geografo ha il dovere di valutare l’efficacia dell’unificazione italiana, di misurare senza retorica nazionalista le trasformazioni che ha prodotto, i vantaggi o gli svantaggi che ha procurato agli abitanti della regione. Nel momento in cui descrive l’estinguersi delle case con tetti di paglia nel «tipo dei magredi del Friuli occidentale» non esita, di fatto, ad attribuire il merito all’emigrazione temporanea e non all’attività dei governi liberali. Da questa angolatura la descrizione del paesaggio rurale come «correazione fisicoantropica» ha dunque le sue radici culturali nella scuola geografica friulana, una scuola che ha sempre guardato tematiche e modelli della produzione transalpina con notevoli capacità di critica e di scelta. Nel discorso inaugurale pronunciato al XIII congresso geografico italiano di Udine nel 1937, Il Friuli come regione naturale e storica, L. riprende anzitutto la definizione dei caratteri fisici del Friuli che Erasmo da Valvasone nel secolo XVI propose nel poema La Caccia. Richiama quindi la solenne prefazione latina di Giulio Andrea Pirona nel Florae forojuliensis Syllabus (1855). Il Friuli è regione geografica complessa, la cui “personalità”, riconosciuta dalla tradizione popolare, unifica varietà di terreni, di altitudini, di gradazioni climatiche. Il grado di autonomia economica che raggiunge nei suoi “naturali” confini fonda un’autonomia civile che parrebbe ovvio e sarebbe legittimo contrapporre al centralismo fascista. Il tema della fattiva collaborazione tra “piccola” e “grande patria” è ripreso nel nome di Giovanni e Olinto Marinelli, il rapporto tra regioni naturali e assetto statale rielaborato ripensando tanto alla Francia di Vidal de La Blache, quanto alle intuizioni politiche e al moderato federalismo di Pacifico Valussi. La Introduzione alla geografia, edita a Bologna nel 1943, si presenta sotto una duplice veste. Da un lato, sistema e conclude le Lezioni di Geografia, dispense che L. forniva da decenni agli studenti di Padova e che regolarmente aggiornava; dall’altro, sotto la veste modesta del manuale, presenta una storia della geografia che finalmente riconosce il ruolo della scuola cui appartiene e l’originalità in specie dei due Marinelli. Nel capitolo Oggetto, limiti e partizione della geografia L. sostiene, con l’avallo di Carl Ritter, che la geografia ha per oggetto gli «spazi tellurici», cioè la descrizione degli spazi della superficie terrestre rispetto al loro contenuto e alla loro efficienza sugli svolgimenti storici dei popoli. Una profonda coerenza e una grande dottrina – nonostante le critiche di Alberto Magnaghi a proposito del saggio su Cicerone – guidano questa sintesi, che ancora è incentrata sul concetto di incivilimento e sui doveri della scienza nei confronti della società. Il momento nazionalista che domina gli scritti sui confini è di regola, pur con qualche oscillazione, controllato dal principio che l’ideale di patria «degenera quando non si rispetta lo stesso sentimento negli uomini di un’altra comunione e si vuole sopraffarli».

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Bibliografia

A. MAGNAGHI, Un saggio di cultura classica. A proposito d’uno studio del prof. A. Lorenzi sopra: Il cielo, la terra, l’uomo nelle opere filosofiche di M.T. Cicerone, in ID., Geographi italici maiores, Firenze, Libreria della Voce, 1916; A. DESIO, Arrigo Lorenzi. Memoria, «AAU», s. VI, 10 (1945-1948), 367-374; G. CARACI, Arrigo Lorenzi, «BSGI», s. VII, 1 (1948), 3-9, con bibliografia; M. GORTANI, In memoria. Prof. Arrigo Lorenzi, «Alpi Venete», 1948, 65; R. ALMAGIÀ, Arrigo Lorenzi (1874-1948). Commemorazione tenuta il 5 dicembre 1949 nell’Aula Magna dell’Università di Padova, Padova, Tip. del Seminario, 1950, 20, con bibliografia; L. GAMBI, Schizzo di storia della geografia in Italia, in ID., Una geografia per la storia, Torino, Einaudi, 1973, 3-37; I. LUZZANA CARACI, La geografia italiana fra ’800 e ’900 (Dall’Unità a Olinto Marinelli), Genova, Università di Genova, 1982; F. MICELLI, Le dimensioni dell’abitare. Osservazioni sul Friuli centrale e i dintorni di Udine, in E. BARTOLINI et al., Cento case di Provincia, Udine, Casamassima, 256; ID., La scuola geografica friulana e le scienze geografiche in Italia tra Ottocento e Novecento, in Mundus Novus. Amerigo Vespucci e i metodi della ricerca storico-geografica. Atti del convegno internazionale di studi (Roma-Firenze, 27-30 novembre 2002), Genova, Brigati, 2004, 427-437; ID., Arrigo Lorenzi e i tipi antropogeografici della pianura padana, in A. LORENZI, Studi sui tipi antropogeografici della pianura padana, Bologna, Forni, 2008, 1-20.

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