Nacque a Udine nel 1696 da una famiglia del ceto mercantile, quarto di sei fratelli. La madre, Francesca Vezzi, era figlia di un tessitore; il padre, Giuseppe, era proprietario di un filatoio di seta in borgo Grazzano dove aveva introdotto il metodo “alla bolognese”. Il padre, proveniente da Ontagnano, apparteneva alla famiglia ebrea dei Caprileis e mutò cognome dopo il battesimo a cui assistette in qualità di padrino il conte Giovanni Giuseppe di Strassoldo, come attestano i risultati delle recenti ricerche di P.C. Ioly Zorattini. L’origine giudaica del padre, già indicata in una violenta satira del conte Giorgio di Polcenigo contro Z., era stata precedentemente discussa, ma senza trovare riscontro documentario, da Guglielmo Biasutti. In ogni caso, le origini ebraiche furono rimosse dalla coscienza degli Zanon cristiani. Lo Z. studiò probabilmente presso i padri barnabiti, presenti a Udine dal 1679, che avevano introdotto tra le materie di studio anche scienze economiche e agricoltura, come egli stesso ricordò nello scritto Dell’educazione civile con riflesso all’agricoltura data dai RR. PP. Barnabiti commoranti in Udine alla gioventù loro affidata, pubblicato nel «Giornale d’Italia» (1770). Alla morte del padre e del fratello maggiore Francesco, egli divenne nel 1729 unico proprietario dell’azienda familiare che incrementò con la costruzione di un nuovo filatoio nell’attuale via Zanon e con l’introduzione di aggiornati metodi di lavorazione. Già in questi anni lo Z. iniziò a riflettere sulle condizioni dell’economia friulana, partendo da problemi di viva attualità, come quello del setificio, mosso dalla volontà di trovare strumenti idonei al suo sviluppo, per ampliare nel corso del tempo i suoi interessi, convinto che il Friuli dovesse aprirsi al dibattito e alle proposte operative che maturavano in Europa, certo della vittoria del partito della ragione. ... leggi Tra 1737 e 1738 A. Z. produsse due lavori, Notizie storiche sopra il commercio e l’arte della seta e L’arte della seta, rimasti a lungo manoscritti (nel 1986 è stata edita soltanto L’arte della seta). In essi trattò dello sviluppo delle manifatture, della protezione e degli sgravi fiscali, della concorrenza esercitata dal Friuli austriaco che, essendo esente da imposte, attirava maestranze e favoriva il contrabbando dei bozzoli. Di contro lo Z. indicava nell’incremento della coltivazione dei gelsi e nell’allevamento dei bachi da seta gli interventi idonei a risollevare non soltanto un settore dell’attività produttiva, ma a rilanciare tutta l’economia friulana. Il suo scritto poneva in particolare l’accento su un tema fortemente dibattuto: la crisi del settore serico e la responsabilità del dazio. Infatti, di fronte a una crisi del mercato serico nel 1736 i negozianti udinesi sostenuti dalla città, dal parlamento e dalla Contadinanza, avevano chiesto l’abolizione del dazio sui bozzoli, considerato l’elemento responsabile delle perdite del settore. La ottennero da Venezia con decreto 31 agosto 1737, entrato in vigore l’anno successivo. La vicenda si colora anche di una nota biografica. Nell’Arte della seta infatti A. Z. racconta di essere stato contattato mentre si trovava per i suoi affari a Venezia da Giovanni Emo, uno dei procuratori incaricati dal Senato di definire il provvedimento, per conoscere lo stato del commercio in Friuli dato che dalla Patria non pervenivano suggerimenti. Ma declinò l’invito, temendo che la sua volontà di raccogliere le informazioni richieste potesse suscitare la diffidenza degli Udinesi, perché, egli commenta, «nel nostro paese non v’era consorzio di mercanti, ma […] ogn’uno faceva particolarmente le cose sue» (pagina 111). Forse anche quest’esperienza contribuì, nel 1738 dopo il matrimonio con Lucia Marsoni di una ricca famiglia di Spilimbergo, alla decisione di trasferirsi stabilmente con la famiglia a Venezia, dove aprì una bottega e una manifattura, pur mantenendo lo stabilimento di Udine, da cui traeva la materia prima per l’attività nella Dominante. Vale a dire che lo Z. avvertiva i limiti che condizionavano l’azione di un imprenditore di terraferma e sentiva necessario essere a diretto contatto con gli organismi del centro lagunare. Qui si avvicinò ai gruppi moderatamente aperti a un rinnovamento della Repubblica (Filippo Farsetti, Marco Foscarini, Alvise Mocenigo, Nicolò e Andrea Tron) e agli uomini delle magistrature del governo marciano, diventando nel corso degli anni un punto di riferimento per molti friulani, per la comunità e talvolta anche per il “nunzio”, cioè il legale rappresentante, di Udine a Venezia. La corrispondenza, conservata in archivi pubblici e privati, in particolare quella edita alla fine del Novecento, illumina sul molteplice ruolo svolto dal “mercante” Z. nella Dominante: procurava opere di aggiornamento culturale per l’avvocato Pietro Someda di Udine, per il conte Daniele Florio di Udine, per il conte Fabio Asquini di Fagagna; piazzava i prodotti della viticultura dello stesso Asquini; con l’Asquini smerciava i prodotti invenduti della sfortunata impresa della fabbrica di Gianrinaldo Carli a Carlisborgo; diffondeva a Venezia e a Padova le opere di Daniele Florio; aiutava la stampa degli scritti di Gian Giuseppe Liruti e dello stesso Florio, snellendo i contatti con gli editori veneziani Pitteri e Perlini; mediava per conto dei deputati di Udine la questione di una nuova dogana che avrebbe dovuto interessare le merci in transito per la città; come agente di cambio, in contatto con altri prestatori della penisola, sosteneva le operazioni finanziarie dei friulani impegnati tra 1740 e 1749 nella vicenda di Malta (mettendo in conto le spese di “sensaria”) o amministrava le operazioni di soggiorno a Roma e l’iscrizione all’Ordine di Malta del giovane Sebastiano Florio. Lo Z. esercitò a Venezia, infatti, anche l’attività di cambio, lontano da ogni venatura moralistica di usura, con spirito nuovo come «uno de più amirabili et utili ritrovati dall’industriosa mercatura» (L’arte della seta […], 31). Oltre a essere un imprenditore A. Z. fu pure proprietario terriero. La corrispondenza privata con il Someda e con l’Asquini racconta le vicende dei beni di Risano, della braida Vallesella, affidati a un suo agente, ma sempre al centro delle preoccupazioni del loro possessore. Dalle lettere emergono i difficili rapporti con i confinanti, in particolare con i conti Caiselli o con il parroco della comunità per questioni di argini o ancora con i coloni che non accettavano di cambiare gli affitti delle biade minute in galetta, perché convinti che questo avrebbe pregiudicato il lavoro della campagna. In Friuli alcuni borghesi e i pochi nobili illuminati si dichiaravano favorevoli all’allevamento dei bachi da seta, mentre la maggioranza dei proprietari («l’infinito numero de’ stolti», come si sfogava lo Z. con l’Asquini) rimaneva inerte. Tra i suoi corrispondenti friulani figurano borghesi, nobili ed ecclesiastici, che condividevano con lui interessi culturali, soprattutto le idee di rinnovamento economico ed agronomico di cui egli si faceva promotore e divulgatore, come i ricordati Asquini, Florio, Someda, o ancora Antonio di Montegnacco. Ma ci sono anche esponenti della cultura storica ed erudita, come Francesco Beretta, Giuseppe Bini, Gian Giuseppe Liruti, Girolamo de Renaldis, Bernardo Maria de Rubeis, vale a dire un gruppo che a sua volta era in contatto epistolare con Ludovico Antonio Muratori. Questa rete di corrispondenza, attestata dal 1738, in parte edita a partire dalle ottocentesche pubblicazioni per nozze, permette di seguire lo svolgersi della vita e degli interessi dello Z. Tema centrale fu sempre per lui quello economico in funzione di una cultura civile, motivato dalla condizione del Friuli e maturato attraverso letture che facevano proprio il meglio di quanto della nuova cultura europea circolava nell’ambito veneto o poteva essere acquistato sul mercato estero, indicando quali modelli la Francia e l’Inghilterra, sollecitando l’istituzione di accademie agrarie per avviare un processo innovativo. L’interesse erudito, presente nella cultura friulana settecentesca, non prevalse mai nelle sue indagini. Per esempio, se in una lettera inedita del 1738 a Bernardo Maria de Rubeis e in un’altra dello stesso anno a Gian Giuseppe Liruti (edita come Lettera a Gian Giuseppe Liruti, 1902) discusse dell’antica marca aquileiese, si venne definendo nelle opere successivamente pubblicate come la sua ricerca fosse rivolta al calcolo del valore della moneta in uso nella colonia romana in rapporto al ducato veneziano. Del resto lo Z. si rivolse all’erudizione del Bini per avere notizie storiche necessarie per i suoi scritti, per esempio per avere conferme sul commercio di Aquileia, o per ricevere correzioni e suggerimenti, come in Due lettere inedite a Mons. G. Bini (1898). Dopo gli scritti sulla seta del periodo 1737-38, nei quali gli interessi potevano sembrare di tipo mercantilista, lo Z. chiarì il ruolo principale affidato all’agricoltura, alla sua trasformazione in senso capitalistico, alla sperimentazione, alle nuove colture secondo le dottrine degli agronomi europei. Nel 1758 fu iscritto all’Accademia di Udine, da poco ricostituita. Nella Prolusione, probabilmente stesa nello stesso 1758 al momento della sua aggregazione e letta nel 1760 (edita soltanto nel 1889), il rapporto tra mercante e filosofo fu sviluppato nella ricerca di un utile comune, di una pubblica felicità fatta di onestà e benessere economico, in cui trovava la sua collocazione il mercante “onorato”, “civile”. Negli scritti successivi lo Z. trattò anche delle attività del nobile e del borghese, convinto – sulla linea di un dibattito che percorreva il Settecento illuminista – che i nobili dovessero praticare l’agricoltura e i borghesi il commercio. Nel 1762 lo Z. decise di divulgare i risultati dello studio e dell’esperienza a vantaggio della comunità. Uscirono così tra 1763 e 1767 i sette tomi Dell’agricoltura, delle arti e del commercio in quanto uniti contribuiscono alla felicità degli Stati nel genere della “lettera” (l’autore chiama Lettere questa sua opera), consistenti in centoquindici dissertazioni rivolte agli accademici di Udine per esaminare i problemi specifici del Friuli rapportati a questioni generali (importanza delle accademie, beni comunali e recinzioni, commercio dei grani, seta e setifici, viticoltura, apologia del commercio “attivo” che esporta prodotti potenziando il valore originario delle materie prime in cambio di denaro, “aritmetica politica”, cioè pratica statistica basilare per le scelte di politica e di economia). L’importanza del coordinamento fra i tre settori produttivi è dimostrata, secondo lo Z., dall’economia inglese e anche dall’esperienza, purtroppo isolata, di Iacopo Linussio di Tolmezzo, elogiato per lo spirito imprenditoriale nello sviluppo delle manifatture della lana e del lino. Ma problema di fondo si delinea l’introduzione di nuove colture in Friuli insieme con l’individuazione dei difetti e dei mezzi idonei a correggerli. La trattazione di temi dove la teoria è sempre strettamente legata all’esperienza e all’applicazione procedeva con l’attività della Società di agricoltura pratica, promossa nel 1762 da lui e dall’Asquini come sezione dell’Accademia di Udine. Le lettere che a partire dal 1762 egli indirizzò al conte friulano testimoniano le difficoltà nel reperire i venticinque soci iniziali, la diffidenza e l’indifferenza della grande nobiltà terriera di origine feudale, arroccata nella difesa dei propri privilegi. Queste lettere coprono lo stesso arco di tempo della stesura delle sue opere a stampa e discutono le medesime tematiche, ma senza la forma paludata ufficiale, permettendo così di cogliere le dinamiche più immediate dell’ambiente culturale friulano. Di esse erano state edite nel 1831 una quindicina, in forma ridotta e contaminata, con il titolo di Lettere famigliari. Più recente (1982) è l’edizione integrale, che comprende tutte quelle conservate nella Biblioteca comunale di Udine e nell’Archivio Asquini di Fagagna. Lo Z. pubblicò ancora nel 1767 Della formazione ed uso della torba e di altri fossili combustibili, nello stesso anno Della coltivazione ed uso delle patate e d’altre piante commestibili, nel 1768 Della marna e di alcuni altri fossili atti a render fertili le terre, nel 1770 Saggio di storia della medicina veterinaria. La scoperta di un nuovo combustibile per sopperire alla carenza di legname, l’introduzione di un nuovo prodotto alimentare per sfamare larghe fasce di popolazione, la fertilizzazione dei terreni, le frequenti epizoozie bovine e l’importanza della scuola veterinaria: sono tutti temi correlati, che toccano questioni di attualità allo studio delle accademie europee e dell’ambiente veneto, discusse dallo Z. con esperti “illuminati”, come i fratelli Giovanni e Pietro Arduino, Giovanni Marsili, Giuseppe Toaldo, Antonio Vallisnieri iuniore, Ludovico Zucconi. Tutta la cultura veneta, infatti, era percorsa da un forte interesse per il mondo della natura e per la scoperta delle risorse del territorio, nel confronto con diverse esperienze. Lo Z. si rivolse al di fuori dello Stato veneto per un’opinione sulla torba e sulla marna del Friuli tra l’altro al naturalista toscano Giovanni Targioni Tozzetti, di cui apprezzò la descrizione geografica della Toscana («questi viaggi nel proprio paese sono molto più utili di quelli che si fanno in climi stranieri che appagano la sola curiosità»), auspicando che anche in Friuli si potesse compilare una illustrazione del territorio e delle sue risorse, come evidenziò a questo proposito il geografo O. Marinelli nel 1905 con La illustrazione geografica del Friuli ed una lettera di Antonio Zanon su «In Alto». Le lettere a Targioni Tozzetti sono documentate dal 1764 al 1770. Più tardi gli entusiasmi vennero meno, quando, per esempio, i giacimenti di torba della Repubblica veneta si rivelarono di modesta entità, non tali da risolvere il problema del combustibile, così come la volontà di modernizzazione delle campagne, che per lo Z. era del tutto separata da una ristrutturazione della società e dello Stato, non andò al di là di affermazioni programmatiche. Intanto però venivano posti a concorso e pubblicati sul «Giornale d’Italia» di Francesco Griselini i primi quesiti banditi dalla Società di agricoltura pratica (sui foraggi, sulla scarsità di legname da ardere, sulla vinificazione, sull’irrigazione) per sollecitare contributi esterni. Il 5 maggio 1769 lo Z. ricevette dalla Repubblica Veneta una medaglia d’oro per il suo scritto sulla marna. Morì a Venezia il 4 dicembre 1770. L’anno successivo uscì l’opera postuma Della utilità morale, economica e politica delle accademie di agricoltura, arti, e commercio, corretta e ordinata da Giovan Battista Schioppalalba. Il lavoro, che ancora una volta proponeva le accademie come forme associative espressione del mondo civile per dibattere «gli argomenti più utili alla società e che soli possono formare la potenza e la ricchezza degli stati e l’umana felicità» suona come un testamento spirituale dell’autore. Le prime commemorazioni encomiastiche esaltarono la cultura europea dello Z., come l’Elogio del Griselini sul «Giornale d’Italia», che lo presentò al servizio della propria terra per combattere i pregiudizi e l’ignoranza, o come il ricordo dell’amico medico Giovanni Fortunato Bianchini, che nel celebrarlo all’Accademia di Udine (Elogio pubblicato in Memorie ed osservazioni pubblicate dalla Società d’agricoltura pratica di Udine, premesso anche alla ricordata ristampa udinese dell’opera completa dello Z. del 1828-31) ne evidenziò la rottura con la tradizione e la volontà di rinnovamento. Gli scritti di A. Z. continuarono a essere proposti, tanto che la sua opera principale ha conosciuto più ristampe: un’ampia antologia comprendente 26 delle 155 lettere è compresa negli Scrittori classici italiani di economia politica, a cura di P. Custodi (1804); la riedizione integrale nella Edizione completa degli scritti di agricoltura, arti e commercio è uscita tra 1828 e 1831. L’Ottocento e il primo Novecento privilegiarono la divulgazione di lettere private in occasione soprattutto di pubblicazioni per nozze, isolandone alcune che sembravano esaltare il suo interesse culturale al servizio del Friuli. Per esempio, l’importanza dell’agricoltura e del commercio nell’economia di un paese sul modello degli «stati settentrionali» è argomento della Lettera sull’agricoltura a mons. Francesco Florio nel luglio 1760; ma i rapporti con i Florio furono molto più articolati; la necessità di istituire accademie agrarie e cattedre di commercio per avviare un miglioramento dei settori produttivi sull’esempio della Francia e dell’Inghilterra viene sostenuta nelle Lettere inedite a mons. Girolamo de’ Renaldis. Ancora sulla storia della seta e sul tema dell’agricoltura discutono le lettere inviate al canonico Girolamo Silvestri dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, Quattro lettere al conte G. Silvestri e Tre lettere inedite di Antonio Zanon. Contemporaneamente la critica, oltre a cenni biografici ed elogiativi, evidenziò sulla base degli scritti le iniziative dello Z. a favore del Friuli, la sua capacità di individuare i problemi più urgenti, iniziando anche ad analizzare il suo pensiero economico, pur con riserve per il carattere non sistematico, ma in ogni caso insistendo sulla singolarità della sua figura, sulla sua volontà quasi di “redenzione” del Friuli. Alla fine del Novecento il rinnovato interesse per la cultura illuminista, per le forme associative della società civile e per le dottrine economiche settecentesche, la pubblicazione di letture non antologiche di epistolari presenti in archivi pubblici e privati, hanno riproposto A. Z. come il mercante-scrittore (non economista di professione) che continuamente verifica le proprie tesi nel rapporto con gli intellettuali illuminati veneti e friulani, nel dialogo con chi era aperto alla sperimentazione, nel dibattito tra protezionismo e liberismo a favore di uno sviluppo equilibrato o, secondo la definizione di Bano, “paraliberista”, ma anche nel quadro di una modernizzazione che in Friuli, come in tutto lo Stato veneto, si voleva svolgere e trovava i suoi limiti all’interno di una società per ordini che non veniva messa in discussione.
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Delle opere di Z. restano inedite le Notizie storiche sopra il commercio e l’arte della seta et in particolare di quella del Friuli, che si dimostra essere della più perfetta, con un saggio del commercio di questa Provincia, del 1737, conservate in due copie: una presso la BAU, l’altra presso la BCU, Joppi, 64. Molte lettere sono conservate in archivi pubblici e privati; tra quelle inedite di particolare interesse la lettera a B. M. de Rubeis, 1738, ms BCU, Principale, 721, come pure le sessanta lettere del periodo 1738-70 indirizzate a Pietro Someda, donate nel 1905 da E. del Torso alla BCU, Principale, 722.
Per una bibliografia delle opere di A. Z. si veda la nota bibliografica in appendice a A. ZANON, Lettere a Fabio Asquini (1762-1769), a cura di L. CARGNELUTTI con introduzione di G.P. GRI, Udine, Ribis, 1982, 423-426; G. BIASUTTI, La mala lingua d’un poeta satirico di sangue blu contro il ‘meccanico’ del ghetto, in Antonio Zanon friulano illustre, «Bollettino ufficiale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Udine», suppl. al n. 7 (luglio 1975), 52-59; L. PIEMONTE, Antonio Zanon economista friulano, Padova, Drucker, 1891; F. LUZZATTO, Antonio Zanon e la legislazione agraria della Repubblica Veneta, «Atti dell’Accademia udinese di scienze lettere e arti», s. ... leggi V, 6 (1926-27), 85-98; MARCHETTI, Friuli, 429-435; G.P. GRI, Introduzione a A. ZANON, Lettere a Fabio Asquini (1762-1769), a cura di L. CARGNELUTTI, Udine, Ribis, 1982; D. BANO, La riflessione economica: da problemi dell’agricoltura e della moneta all’economia come un tutto, in Storia della cultura veneta, 5/II, Vicenza, Pozza, 1986, 411-434; F. VENTURI, Settecento riformatore, V, L’Italia dei lumi. 2. La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino, Einaudi, 1990, 42-50; L. CARGNELUTTI, Antonio Zanon e la famiglia Florio (con lettere a Sebastiano, Filippo, Francesco e Daniele Florio), «Metodi e ricerche», 11/1 (1992), 79-114; La Nuova Olanda. Fabio Asquini tra accademia e sperimentazione, a cura di L. MORASSI, Fagagna (Ud), Magnus, 1992; L. CARGNELUTTI, Il governo della città e i rapporti con la Dominante: un episodio di metà Settecento e la mediazione di Antonio Zanon (con la corrispondenza tra Z. e il cancelliere della città di Udine Giovanni Socrate), «Atti dell’Accademia udinese di scienze lettere e arti», 89 (1996), 19-50; M. SIMONETTO, I lumi nelle campagne. Accademie e agricoltura nella Repubblica di Venezia. 1768-1797, Treviso, Canova, 2001; P.C. IOLY ZORATTINI, Giuseppe Zanon, il figlio di Michel Capriles, in Europa e America nella storia della civiltà. Studi in onore di Aldo Stella, a cura di P. PECORARI, Treviso, Antilia, 2003, 325-338; M. PITTERI, Una trattativa segreta tra Antonio Zanon e Montealegre, «Studi veneziani», n.s., 47 (2004), 351-364.
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