Nato a San Daniele del Friuli nel 1816 da una povera famiglia (il padre era un artigiano armaiolo e orologiaio), ben presto mostrò una tale inclinazione all’arte che alcuni sandanielesi costituirono un’Associazione di beneficenza che permise a M. di frequentare i corsi dell’Accademia di Venezia dove ebbe per maestro Luigi Zandomeneghi (definito «il più canoviano dei canoviani»). Fissò quindi la sua dimora a Venezia, dove aprì uno studio. Abbandonò in breve i freddi insegnamenti dell’Accademia e diede alle sue sculture, raffinatissime nell’esecuzione, un senso di intimismo ed un anelito di vita non facile a trovarsi in altri scultori friulani dell’epoca. Anche per questo le sue opere che, dopo quasi un secolo di oblio, l’odierna critica tende a rivalutare, riscossero un notevole successo presso i contemporanei. M. infatti è stato uno degli scultori più apprezzati, non solo nel campo della scultura cimiteriale, ma anche nel genere ritrattistico nel quale, pur tra non poche contraddizioni di ordine formale, ha potuto evidenziare la ricerca naturalistica necessaria a formulare gli «ideali del vero e dell’arte», in un delicato equilibrio tra realismo commosso e sentimentale di sapore “Biedermeier”. Il 28 aprile 1845 sposò la sandanielese Annetta Cecconi che presto, tuttavia, lo lasciò vedovo. Pur se non gli mancarono commissioni in Friuli e a Venezia (Busto di Girolamo Venerio, 1846, Udine, Casa di invalidità e vecchiaia; Busto di Marco Foscarini, ante 1847, Venezia, palazzo Ducale; Busto del conte Benedetto Valmarana, 1848, Venezia, chiesa dei Ss. Apostoli), i primi anni di attività non furono gran che remunerativi. Nel 1848, però, mentre era ancora nello studio di Luigi Ferrari, allora docente di scultura all’Accademia, modellò un gesso raffigurante la Pudicizia che segnò la sua fortuna. ... leggi Il gesso fu presentato nel 1851 all’Esposizione di belle arti di Venezia, dove fu premiato, e poi, su commissione dell’archeologo udinese Francesco Antonini, fu splendidamente tradotto in marmo: la Pudicizia ottenne quindi il gran premio della medaglia d’oro in statuaria al concorso veneziano del 1854. L’opera, particolarmente ammirata anche all’Esposizione universale di Parigi del 1867, ottenne subito un largo consenso da parte della critica: le furono dedicati sonetti ed articoli particolarmente elogiativi. Emblematico esempio del gusto che informava l’arte del secondo Ottocento in Friuli (ma non solo in Friuli), è scultura tra le più significative di un artista apprezzato in vita, per il tono poetico che pervade le figure della sua vasta produzione, eseguite con tecnica raffinatissima, ispirate ad ideali di classicità, rese morbide dai delicati effetti luministici. È il caso di ricordare che M. curava l’aspetto esteriore delle sue opere in modo quasi maniacale. Singolare, in proposito, l’avvertimento apparso su un giornale locale nel periodo dell’Esposizione di belle arti di Udine del 1853: «Si prega i visitatori dell’Esposizione, a nome dello scultore Luigi Minisini, di volersi astenere dal toccare in qualsiasi modo la Statua, La Gratitudine; e ciò per motivo che alle volte il marmo potrebbe restarne offuscato». Nel 1850 l’abate Giampiero De Domini chiese a M. un progetto, poi tradotto in disegno da Domenico Fabris, del cenotafio di Carlo Fontanini per l’antiporta dell’Elogio che intendeva dedicare al defunto vescovo di Concordia; suggerì inoltre il nome dello scultore allorché a Udine si pensò di erigere un monumento a ricordo dell’arcivescovo Zaccaria Bricito, scomparso nel 1851. Venne quindi promossa dal giornale «L’alchimista friulano» una pubblica sottoscrizione per il monumento, e M. dapprima eseguì il disegno del cenotafio di Bricito, anch’esso in forme gotiche, poi «portò a Udine, dal suo studio di Venezia», due disegni del monumento. Uno di essi venne esposto al pubblico e quindi litografato. Nel 1852 lo scultore fece il modello in gesso della statua che, ultimata nel 1856, venne collocata all’interno del duomo nel 1858. Nel 1852 eseguì le statue di Eraclito e Democrito per il palazzo dei Mangilli sito nella piazza dei Barnabiti di Udine (ora piazza Garibaldi), nello stesso anno scolpì, per l’altare maggiore della parrocchiale di Pavia di Udine, le statue di S. Agostino e S. Ulderico; l’anno successivo diede vita ad uno dei suoi capolavori, la statua, in candido marmo di Carrara, per il monumento funerario di Domenico Rubini nel cimitero monumentale di Udine. Inginocchiata su un piedistallo, discosta dal muro ove campeggiano su lastre i nomi dei singoli familiari, una gentile figura di donna dai lineamenti del volto dolcissimi, dall’intenso mistico sguardo, dai lunghi capelli ondulati che scendono sul petto, coperta da un manto che lieve le avvolge le spalle: «è la Gratitudine, o la Riconoscenza, o ancora il Dolore, concetti cui alludono l’umiltà dei gesti e del portamento». È uno dei momenti più alti di M. “purista”, di uno scultore che va oltre il neoclassicismo del Canova e che ha come punto di riferimento l’arte di Lorenzo Bartolini (si vedano la celebre Fiducia in Dio del 1835 o anche il Monumento alla contessa Zamoyska del 1844), in cui il classicismo felicemente convive con la veridicità e l’intimismo. A questo periodo artistico appartengono altre notevoli sculture, come la Preghiera, l’Innocenza, Angeli che cantano, il Bambino dormiente (Civici musei di Udine), ripetuta in ben tre copie, una delle quali fu portata a Liverpool. M., come altri artisti del secolo XIX che particolare attenzione riservarono al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, sentiva congeniali al suo delicato scalpello le morbide forme di bambini ed adolescenti. Lo confermano sculture come la bambina seduta su un cuscino nell’atto di tendere le braccia alla mamma, opera vista dal re Vittorio Emanuele II in un’Esposizione per lui improvvisata dall’Accademia di Venezia, nel 1866, e tanto apprezzata da chiedere di poterla acquistare (lo scultore la donò poi, nel 1892, alla regina Margherita), il Primo dolore del 1847, raffigurante una bimba distesa su un giaciglio mentre tiene in mano un uccellino morente, l’Innocenza (simboleggiata da un fanciulletto, di quattro anni circa, con un mazzo di fiori raccolti). Considerato ormai gloria locale – quando nel 1859 in seconde nozze sposò la sandanielese Vittoria Meschini gli fu dedicata dai concittadini una pubblicazione contenente la trascrizione degli antichi statuti di San Daniele e il noto giornalista Pacifico Valussi, scrisse un articolo encomiastico su un giornale locale) – M. (che pur continuava a risiedere e a lavorare a Venezia) ricevette dal Friuli numerose commissioni di lavoro. Tra queste, il delicato bassorilievo marmoreo per la cappella Rossetti nel cimitero di Latisana (1863), il grande Monumento funebre per Gaspare Luigi Gaspari, con la statua a figura distesa del noto agronomo, da collocare in un tempietto progettato da Andrea Scala nello stesso cimitero di Latisana (1864), due belle statue dai delicati morbidi effetti luministici dell’Addolorata e di S. Giovanni Evangelista, collocate ai lati dell’altar maggiore della chiesa di S. Giacomo a Fagagna (1867), il Monumento a Nicolò-Giacomo di Maniago, nella chiesa dell’Immacolata Concezione a Maniago (1868), le statue degli Apostoli per la basilica delle Grazie di Udine (1870-1874), i tanti ritratti di personaggi illustri: il Beato Odorico da Pordenone, l’architetto Valentino Presani, il commediografo e amico Teobaldo Ciconi. Opere eseguite, se pur in tempi diversi, con grande abilità e con felici doti ritrattistiche, evidenti sia nei lavori ufficiali dell’età matura (Busto del letterato Bartolomeo Gamba, 1870, Museo di Bassano del Grappa; Busto di mons. Stefano Collovati, 1875-1876, duomo di Latisana; Busto del cav. Bonaventura Segatti, cimitero di Portogruaro, 1883; bassorilievi con le effigi di Elisabetta Bellavite e di Vincenzo Omobono Astori, 1888, collegio salesiano di Mogliano Veneto), come nei delicati, affettuosi Ritratti dei familiari. Nel 1865 si celebrò in tutta Italia il sesto centenario della nascita di Dante Alighieri: nel Friuli, così come in altri territori allora soggetti all’Austria, tale evento ebbe i connotati di una sentita manifestazione di italianità. Nella sala del palazzo comunale di Udine, alla presenza di un folto pubblico, il 21 maggio fu tenuto un discorso commemorativo (poi pubblicato) dell’avvocato Giuseppe Giacomo Putelli e per l’occasione si chiese a M. di scolpire un busto del poeta, che il 13 maggio 1866 venne collocato nell’atrio del palazzo Bartolini, dove, nello stesso giorno, si inaugurava il Museo friulano. Udine, anche se per poco, era ancora una città austriaca. È interessante, per le implicazioni patriottiche, il fatto che allo scultore friulano sia stato commissionato il busto di Dante oltre che dal comune (insieme con la provincia) di Udine, anche da quello di Gorizia (ora nel Liceo Dante Alighieri) e dalla Società di Minerva di Trieste (il busto è ora in municipio). M. fece fotografare i tre busti ed espose le fotografie, l’una accanto all’altra, durante i festeggiamenti danteschi. C’è da credere che lo scultore, partecipe del fervore patriottico diffuso tra la popolazione, abbia voluto rivendicare nel nome di Dante l’italianità di Udine, Gorizia e Trieste. Morì il 6 settembre 1901 a Ronchi di Campanile, nel comune di Villafranca padovana. Nell’articolo su «L’Illustrazione italiana» del 1901 che ne diede l’annuncio venne definito l’ultimo dei canoviani e primo dei realisti.
ChiudiBibliografia
C. GIUSSANI, Luigi Minisini scultore friulano, «L’alchimista friulano», 1 (1850), 216-217; A Luigi Minisini, ibid., 1 (1853), 61; G. DE DOMINI, Dello scultore Luigi Minisini, ibid., 5 (1854), 305-306; T. CICONI, La Pudicizia, «Strenna friulana», 1855, 105-111; A.G. BIANCHETTI, Una visita allo scultore L. Minisini, Venezia, s.n., 1857; Statuta terrae Sancti Danielis, Sandaniele, Tip. Biasutti, 1859 (nozze Minisini-Menchini); C. PEROCCO, Dello scultore Luigi Minisini e delle sue opere, Venezia, Ripamonti-Ottolini, 1870; G.S., Luigi Minisini, «L’illustrazione italiana», 28 (1901), 42, 287; E. PATRIARCA, Minisini Luigi, «La Guarneriana. Cultura e arte in Friuli», 1/3 (1958), 60-79; F. MAGANI, Luigi Minisini: gli ideali del vero, «Neoclassico», 2 (1992), 63-71; ID., Luigi Minisini, Piazzola sul Brenta, s.n., s.d. [1995]; ID., Il Panteon veneto, Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1997; Tra Venezia e Vienna, passim; G. BERGAMINI, Luigi Minisini, in La collezione d’arte. Fondazione Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone. Opere d’arte antica, a cura di G. BERGAMINI - G. PAULETTO, Milano, Skira, 2008, 164-166.
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